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Catone il recensore

Il censore del titolo è Marco Porcio Catone, politico e scrittore romano famoso per l’austerità, la severità e l’impegno nella lotta alla corruzione. Ma i porci di cui voglio occuparmi qui io invece sono ben altri. Perché se Catone era stato eletto censore (erano magistrati chiamati al censimento ma anche di sindacare la condotta morale e civile dei cittadini) il recensore invece si autoproclama esperto in una materia, e recensisce.

Qualunque cosa. I ristoranti e gli alberghi, vabbe’. I film e i libri nemmeno a parlarne, roba del secolo scorso, per quelli il recensore spreca al massimo qualche stellina. Il fatto è che ormai il recensore non si tiene più.

Oggi ho letto per caso la recensione di un ponte. Un ponte! E non mi riferisco al ponte di Brooklyn o di San Francisco, che avranno pure valenza turistica. E nemmeno il Ponte dei sospiri di Venezia o Ponte Vecchio a Firenze, per restare da noi. No, recensiva un ponte con brillante lucidità, spiegando che congiunge due zone distanti della città (clamoroso! Perché di solito i ponti ricongiungono la stessa area? Fanno volo imprevedibili e poi ritornano). Come tutti i recensori, però, aveva una critica da muovere: da rivedere la gestione degli incidenti.
Immagino la facile obiezione: si tratta di gente che quando hai la sfortuna di incrociare al bar o peggio ancora durante una cena da amici, ha la sua per tutto. Chef, virologo, commissario tecnico, regista, scrittore, storico, ingegnere, il recensore ha una ecletticità che spaventa, e soprattutto ci mette pochissimo a diventare esperto di qualcosa.

Grazie a Google e agli altri siti che tutti conosciamo, adesso non ammorba più i commensali, ma l’universo mondo. Voi pensavate che per recensire un quartiere bisogna aver studiato urbanistica, e che per recensire un farmaco bisogna essere chimici o medici? Bla bla bla, il recensore ha già già dato due stelle al Rione Monti e 3 all’aspirina, perché è un esperto.
Ecco, diciamo una volta per tutte che l’esperto non è quello che si basa sulla sua esperienza. Quello è il cretino. L’esperto, alla sua esperienza, ha aggiunto quella di migliaia di altre persone che l’hanno trasferita attraverso i libri.
E adesso via alle recensioni.

Quando fa caldo

Quando fa freddo te ne stai in casa, indossi un maglione di lana te ne stai al calduccio sotto una coperta. E se devi uscire, cappotto, cappello e sciarpa e si va.
Quando fa caldo te ne stai in mutande in casa, ma non basta, fa caldo uguale. E purtroppo non puoi uscire nudo, sebbene necessario.

Quando fa freddo devi cambiarti tutti i giorni la biancheria intima e i calzini, ma il resto può durare anche più giorni. Quando fa caldo la maglietta che hai indossato al mattino all’ora di pranzo la puoi strizzare come il panno per i pavimenti.

Quando fa freddo devi preoccuparti al massimo dell’aspetto del tuo viso, raderti, pettinarti, tutto lì. Quando fa caldo i tuoi mostruosi peli bianchi salteranno fuori all’improvviso denunciando un invecchiamento inesorabile.  E nel caso delle donne è pure peggio.

Quando fa freddo al cinema danno i migliori film della stagione, e i calciatori giocano le partite migliori del campionato
Quando fa caldo al massimo puoi vederti qualche film d’essai in un’arena, ma con ogni probabilità ti toccherà mezz’ora di introduzione del regista intervistato dal semiologo del cinema. I calciatori con la scusa del ritiro se ne stanno al fresco, beati loro.

Mi piace l’estate, mi piace il mare, mi piacciono le giornate più lunghe e le bibite fresche. Però mi piacerebbe che il cambiamento climatico fosse un pochino più graduale, voi no?

“L’invidia del mare”, nuovo romanzo

Torna in libreria Carmine Caputo con un nuovo romanzo, “L’invidia del mare”, edito da Damster Edizioni, con un’ambientazione piuttosto varia che coinvolge Milano, Bologna, la Puglia, terra natia dell’autore che da quasi trent’anni vive a Bologna, e ovviamente l’Appennino bolognese.
Protagonista della nuova avventura è infatti ancora Antonio Luccarelli, il carabiniere dell’Appennino, al centro delle vicende di diversi racconti e romanzi tra cui #Stodadio – L’enigma di Artolè, edito nel 2020 e vincitore del premio della giuria al Premio Letterario Montefiore Conca 2021.

La trama

Antonio Luccarelli è un solitario maresciallo dei carabinieri pugliese. Da anni lavora in una malinconica vallata sul fiume Setta, nell’Appennino bolognese e sostiene di non avere mai avuto troppa fortuna con le donne. Dopo essere stato convocato a Vergato dal capitano, che non è troppo contento dei suoi risultati professionali, Luccarelli invita a cena Mara, la sua compagna. L’incantevole scenario di Castiglione dei Pepoli però farà da testimone alla fine della relazione. Non ha funzionato neanche stavolta.

Ma è davvero sempre andata così, o quella vecchia cartolina nascosta in un cassetto nasconde qualcosa? Una mano femminile più di vent’anni prima aveva scritto sul retro, prima di spedirgliela: “Non so se invidiare più te, che hai di fronte il mare, o il mare, che ha di fronte te”. Cosa è successo alla donna? Perché Luccarelli fatica a parlarne?

Per scoprire la verità il lettore dovrà fare un viaggio indietro negli anni Novanta, perché sono tanti i segreti che il nostro militare non vuole raccontare, tra le ombre lunghe di una Milano diffidente, ancora scossa da Tangentopoli, una città apparentemente cupa, ma capace di sorprendere con i suoi gioielli nascosti il giovane in servizio di leva. Altri segreti si celano nelle feste rumorose della gioventù spensierata di Bologna che si muove tra ritrovi universitari, discoteche e locali che hanno segnato la storia di tanti giovani fuorisede e non. Nel passato di Luccarelli ci sono omicidi, violenze, comportamenti di cui un carabiniere non dovrebbe andare fiero. Ma anche tanta voglia di riscatto.

“L’invidia del mare” è un giallo, un romanzo di formazione, una storia d’amore, o forse niente di tutto ciò, perché come tutte le storie sfugge a una identità predefinita e gioca a mettere in discussione le certezze del lettore. Un romanzo che esplora temi classici come il tradimento, l’amicizia, la lealtà, in cui nessuno è davvero quello che sembra.

L’autore

Ho scritto questo romanzo durante i lunghi mesi del lockdown” spiega Carmine Caputo “per cui è inevitabile che, accanto a momenti di leggerezza e di umorismo che da sempre contraddistinguono la mia prosa, ci sia anche un po’ di nostalgia, di amarezza, una riflessione sulla morte, sui sentimenti e sul nostro bisogno di addolcire certe verità difficili con piccole e grandi bugie. Menzogne articolate con talmente tanta cura che alla fine ci crediamo anche noi”.

Carmine Caputo è un giornalista nato a Statte (Taranto) che opera presso l’ufficio stampa della Regione Emilia-Romagna. Sempre per Damster edizioni ha pubblicazione di “#Stodadio – L’enigma di Artolè”. Altri suoi lavori: “Bello dentro, fuori meno” e “Bologna l’oscura” (Nonsoloparole Edizioni), “Ballata in sud minore” (0111 Edizioni), “Chiamami Legione” (Sesat Edizioni). Nonostante si atteggi a giallista tenebroso, la verità è che i suoi romanzi riscuotono un inspiegabile successo soprattutto tra le donne di una certa età, forse come cura contro l’insonnia. È tifoso del Taranto ma questo sinora non ha inciso più di tanto sulla sua stabilità mentale.

Appuntamenti

Il romanzo sarà presentato il 21 giugno alle 18 nelle Librerie.coop Zanichelli di piazza Galvani 1/h a Bologna, poi il 21 luglio al Parco dei Giardini in via Arcoveggio, Corticella (Bologna). Seguiranno diversi appuntamenti in provincia. Ad agosto prevista presentazione a Statte (Taranto)

L’angolino della videoconferenza

Nelle case dei nostri nonni c’era sempre un angolino dedicato ai defunti. Magari una mensola con una candela e qualche fotografia in bianco e nero, a volte un mobiletto dedicato, si trattava di uno spazio privato, riservato, dedicato alla spiritualità, per chi credeva, o semplicemente al ricordo, per tutti gli altri.

Si trattava di un’eredità antica: i romani, nelle loro domus, riservavano uno spazio all’ingresso per una edicola dedicata ai lares familiares, gli antenati che vegliavano sui membri della famiglia come divinità protettrici.

Gli altarini sono scomparsi, soppiantati da televisori sempre più grandi, librerie ricolme di soprammobili e qualche volta libri, armadi ipertrofici. Però negli ultimi anni un nuovo tipo di angolino si sta formando nelle abitazioni di tutti: è l’angolo della videoconferenza. Sempre di una corresponsione di amorosi sensi si tratta, ma stavolta  non sempre amorosi, visto che non comunichiamo con entità sovrannaturali, ma con gli altri condomini, i parenti di giù, i colleghi in ufficio. 

Anche nelle case più disordinate e sfatte, quelle in cui se entra un rapinatore se ne va perché capisce che qualcuno l’ha anticipato, c’è un angolo in cui la famiglia mantiene l’ultimo barlume di dignità, offrendo ai videoconferenzieri una vista linda e serena. Sullo sfondo I libri vanno per la maggiore, c’è gente che ha recuperato persino i manuali di scuola guida con la Fiat 128 in copertina pur di riempire quelle mensole vuote. Ma anche i fiori di plastica, sono apprezzati, come le  pretenziose stampe di sconosciuti paesaggisti ottocenteschi. I più audaci azzardano una finestra: dà sul giardino di quell’antipatico del vicino ingegnere, ma tanto chi glielo deve dire al prof di matematica che quel verde non è il nostro?

Nemmeno gli effetti digitali introdotti dalle varie software house che si occupano di videconferenze, quelli sfondi artificiali che ci proiettano in un’isola tropicale o in una navicella spaziale, hanno avuto un grande successo, dopo un inizio promettente. Un po’ per gli effetti indesiderati che fanno sparire il braccio dell’interlocutore o gli fondono per un attimo la testa con il tramonto sul mare. Un po’ perché lo pensiamo tutti, dai: cos’hai da nascondere, dietro quello sfondo fittizio? Il tuo cane che cerca di accoppiarsi con l’appendiabiti? I resti della pizza con cui hai cenato ieri sera? I tuoi calzini sporchi lasciati sulla sedia? Cosa vuoi occultarci alla vista?

Speriamo tutti di metterci la pandemia alle spalle, ma sono sicuro che l’angolo per le videoconferenze rimarrà. Perché diciamoci pure la verità, la didattica a distanza è stata un incubo, ma le assemblee di condominio online si reggono meglio. Per non parlare dei colloqui con i professori: i più fortunati e scaltri, dal vivo, riuscivano a incontrarne al massimo 4, 5 forse, perdendo interi pomeriggi nel corridoio. Online riesci a parlare persino con l’insegnate di religione e con quello di educazione fisica, se proprio ci tieni.

Ho riscoperto persino i corsi di inglese, grazie all’online. Conversare con un brasiliano e una rumena sotto la supervisione di un insegnante a migliaia di chilometri di distanza all’inizio può risultare straniante, ma davvero vi sollevereste dal divano per andare in centro e ripetere il present perfect? Non credo proprio. Non ora che abbiamo un angolino così ben arredato.

Sanremo 2022

1 febbraio

Quelli che guarderanno Sanremo da una parte, quelli che legittimamente non lo guarderanno dall’altra, lì in fondo che c’è parecchio spazio, si accomodino quelli che non vedranno il festival, ma ci tengono a far sapere al mondo che trascorreranno la settimana ascoltando rumba congolese, assistendo a performance di teatro sperimentale scandinavo e riscoprendo il troppo trascurato folklore kazako. No, mi dispiace, non c’è una pedana o un palco rialzato per voi, non c’è.

Non faccio in tempo ad avviare la lavastoviglie che mi ritrovo Achille Lauro in mutande che si battezza da solo circondato da coriste di colore. Ma che ci metteranno in questo brillantante da provocare certi effetti collaterali dico io…

La società Pantone© ha comunicato che due squadre di tecnici sono al lavoro per individuare con esattezza il colore dei capelli di Noemi. Si attendono i primi risultati già nella giornata di domani.

“Stai andando forte
Apri tutte le porte
Brucia tutte le scorte”.
Niente da fare, il risparmio energetico non è proprio nelle corde delle generazioni che ci hanno preceduto.

I Manowar arrivavano in teatro sulle Harley Davidson, i Maneskin sul trenino elettrico del portantino che carica i bagagli. Sono scelte.

Votantonio, votantonio, anzi no. La rappresentante di lista che evoca la fine del mondo con una canzone fatta con i piedi, con le mani ma soprattutto col c**o è lo specchio della crisi parlamentare dei nostri giorni.

Ma se vince Ranieri apre lui il prossimo concerto dei Rolling Stones?

La coraggiosa decisione di Blanco di tatuarsi sul collo la marca del suo frigorifero preferito.

2 febbraio

Papo, ti sei perso San Giovanni! Ah, ma io sono già battezzato, era ad Achille Lauro che serviva.

Stavo per fare una battuta sulla canottiera di Truppi, ma poi ho deciso di non scriverla perché era nera. No al suprematismo delle canottiere bianche!

Laura Pausini: le mie figlie non vogliono che faccia body shaming.
Giusto.
Vabbè.
In Emilia Romagna si mangia bene.
L’ho detto.

Da Sangiovanni decollato a Santa Emma décolleté è un attimo

Iva Zanicchi conduceva “Ok il prezzo è giusto” negli anni in cui per comprare un giornale servivano 800 lire, Bertolucci vinceva gli oscar con l’Ultimo imperatore e io ancora credevo che il Taranto prima o poi sarebbe andato in serie A.

Anch’io appena svegliato ho quell’aria li, poi mi lavo, mi rado, mi pettino e un po’ le cose migliorano #fabriziomoro.

Se non sapete cosa regalarmi, compratemi la t-shirt dell’artista che stasera mi ha colpito di più: RAGADI.

3 febbraio: riepilogo

Riepilogo prime due serate sanremesi (considerando che sono troppo vecchio per vedermi i cantanti dopo le 23 e troppo snob per rivedermeli su Raiplay):?

Sugli scudi

Iva Zanicchi: la canzone è brutta e fuori moda (semmai le canzoni brutte siano mai di moda), ma cavolo, ci voleva una signora che a 82 anni parlasse di sesso in terza età. Magari non lo faremo automobile o sulla lavatrice, ma fra trent’anni saremo tutti vegliardi – si spera – arzilli: in qualche modo dovremo pure passare il tempo, no?

Sui ceci

Achille Lauro ha questa straordinaria capacità di proporre soluzioni visive di impatto con appena trenta, quarant’anni di ritardo rispetto a musicisti di ben altro calibro che le hanno messe in scena prima e meglio. A questo punto ci aspettiamo il concerto non autorizzato sul tetto della casa discografica, la chitarra sfasciata in diretta e lo spuntino  dark con il pipistrello (era pollo, ndr).

3 febbraio

Smettetela di ridere di Giusy Ferreri. Anche a me una volta si è strappata una giacca e sono momenti imbarazzanti

Ma questi due scappati di casa con il nome di un farmaco per la prostatite non sono i due che ieri accompagnavano Checco Zalone con i Ragadi? “Abbi cura di te”. Soprattutto dopo i cinquant’anni, sennò goodbye.

Fabrizio Moro è il Mandaloriano che si toglie il casco dopo cinque anni. Questa battuta è di mia figlia Martina che sta venendo su molto bene.

“Dove si balla” è la prima canzone che mi fa alzare dal divano. Solo per questo merita un premio.

L’idea di Irama di incatenarsi i capelli può essere un’idea contro l’allopecia.

Sarà una precauzione sanitaria perché quel microfono se lo smanazzano tutti, ma non ricordo un Sanremo con tanti guanti come questo.

Se sei stonato come una campana e vai a Sanremo, scegliere un nome d’arte come Rkomi per non farti riconoscere non è una cattiva idea.

Ma poi perché non si è trovato l’accordo su Gianni Morandi presidente della Repubblica che ero distratto?

“È questione di chimica” gliel’ha detto il chirurgo plastico alla Rettore per sconsigliarle di avvicinare troppo le labbra al fuoco

Io comunque spero che l’Europa ci consenta di spendere una quota del PNRR per tornare ad avere dei superospiti.  Da “Enjoy the Silence” a “50 Special” fa male.

4 febbraio – Miglior testo

In attesa nella serata in cui, seppure indirettamente, le mie figlie – e i vostri – ascolteranno finalmente, seppure indirettamente, un po’ di Battisti, De Andrè, Bertoli e tanti altri artisti, ho deciso di stilare la mia classifica.

Siccome di musica non ne capisco niente e siccome sono uno che ancora crede che chi non ne capisce niente fa meglio a state zitto, non valuterò le canzoni, ma solo una parte di esse: i testi.

In fondo, con le parole ci lavoro da vent’anni, qualcosa avrò imparato. Eccole quindi in ordine inverso dalla quarta alla prima posizione.

Lettera al di là del mare” di Massimo Ranieri

La notte non finisce mai
L?America… lontana
Di là dal mare
Dove piove fortuna, dov’è libertà
E l’acqua è più pura di un canto.
Ed è silenzio tra due sponde
La terra un sogno altrove…

Finalmente una canzone che ha il coraggio di raccontare una storia che non sia la solita vicenda “amore mio perché non mi vuoi?” intrisa di melensaggini e romanticismi d’accatto. Che poi è la storia di tanti di noi, un secolo fa o giù di lì.

“Abbi cura di te” di Highsnob e Hu

(…) i sogni come te qualcuno aveva detto
che la mattina sveglio neanche li ricordi
e vincere battaglie non mi serve mica
perché questa è una guerra in cui si perde sempre
e lo perdo la testa come Oloferne
ho trovato la calma però non è niente di che
non ha niente di me

Ammetto che la citazione di Oloferne mi ha dato un brivido vero (altro che i falsetti di quei due in cima alla classifica veri come una banconota da 3 euro), ma in generale il testo è scritto con competenza metrica e un paio di immagini indovinate.

“Apri tutte le porte” di Gianni Morandi 
A forza di credere che il male passerà
sto passando io e lui resta
mi devo trascinare presto fuori di qua
dal miei pensieri pigri nella testa
fare qualcosa
oppormi all’inerzia e alla sua forza
che rammollisce il corpo mio da dentro
mantenendo rigida la scorza…

Jovanotti è uno dei migliori parolieri in circolazione, e anche stavolta non si smentisce. Parole semplici, concetti profondi soprattutto nella strofa, il ritornello così così. Bravo.

“Dove si balla” di Dargen D’Amico

(…) Dove si balla
Fottitene e balla
Tra i rottami
Balla per restare a galla
Negli incubi mediterranei

4 febbraio

Uno che porta De Andrè a Sanremo per me può presentarsi sul palco anche con la mia canottiera di riserva della piscina, gli voglio bene lo stesso. Per quanto voi vi sentiate assolti, sarete sempre coinvolti.
Uno ci prova a non farsi trascinare dai luoghi comuni per i quali le canzoni di una volta sarebbero più belle, poi ti propongono una serata così e scopri che che uno dei trascinatori più incalliti sei tu.
Che ste povere Vibrazioni il mestiere lo conoscono, se solo avessero una canzone decente…
Sangiova’ mettiti il grembiulino sulle gambe che il pantalone è bianco, non sia mai si va a sporcare che figura facciamo…
Checco Zalone, Emma, Maria Chiara Giannetta.
I pugliesi sono i toscani del terzo millennio.
Gianni Morandi, Jovanotti, Tananai.
Il darwinismo ha i giorni contati.
Bisogna riconoscere che una cosa buona Cesare Cremonini a Sanremo l’ha lasciata: Malika Ayane
Grignani si è mangiato Irama in un boccone. E non solo lui, vedo.
L’agenda 2030 propone di mettere al bando gli elettrodomestici energivori: le lampadine a incandescenza, le asciugatrici e il phon della Rettore.
Orietta Berti, Iva Zanicchi. Altro che Lourdes, io voglio l’acqua di Reggio Emilia.

5 febbraio

Se due indizi fanno una prova penso di poter dire che il sarto di Giusy Ferreri ha un grosso problema a ricalcare i modelli di Burda.
Ci fossero stati dei punti nel Fantasanremo anche per la floridezza tricologica, qualche posizioncina sti giovani senz’arte né parte l’avrebbero scalata. Almeno quello, almeno ora.
Aka Seven finalmente si ascolta cantare e si inginocchia davanti al pubblico. Sei perdonato figliolo, va’ e non cantare più.
[EDIT Mia figlia mi fa notare che si scrive Aka 7even. Anche peggio, se possibile.]
Attualissima Noemi, la prima cantante a presentarsi alla serata finale di Sanremo vestita di fotovoltaico.
“Sei tu che attraversi il mio ossigeno quando mi tocchi”. Fabrizio Moro racconta i dissidi in famiglia ai tempi del saturimetro.
Una volta ho provato a montare le catene sotto la neve e sono finito come Irama.
Prevedo che la canzone della Rappresentante di lista ai balli di gruppo della festa dell’Unità di questa estate si piazzerà benissimo, avanti alla Macarena e seconda sola a “Muove la colita”.
Sapete perché i calciatori quando si mettono in barriera si coprono davanti con le mani? Perché se arriva una pallonata violenta poi cantano “e mi vengono i brividi, brividi, brividiiiiii”

Una settimana abruzzese

7 agosto

Ti ho attraversato tante volte in quasi trent’anni, caro Abruzzo, è arrivato il momento di approfondire la conoscenza

8 agosto

Niente risveglio muscolare.
Niente acqua-gym.
Niente gioco aperitivo.
Niente sport insulsi sulla spiaggia.
Domenica quasi tutto chiuso.
L’Abruzzo mi piace.

10 agosto

Il suo destino di terra di mezzo rende l’Abruzzo perennemente incerto, sospeso tra l’ansia di prestazione settentrionale e l’istrionica disillusione del sud.
Qui resort nuovi ed efficienti, là ecomostri decadenti. Qui parcheggi con il pagamento online, là sosta selvaggia e tacitamente consentita sui marciapiedi.
Persino il mare è insicuro e mutevole: ora torbido e verde di alghe, ora cristallino e brillante. Ora acqua alta, ora bassa, alta, di nuovo bassa. Non si decide mai.
Siete pieni di dubbi e non sapete in quale direzione indirizzare la vostra vita?
Venite in Abruzzo.
Neanche lui lo sa, ed è proprio il suo bello.

11 agosto

Uno potrebbe domandarsi come mai un gioiello come Atri, con il suo centro medievale, il suo palazzo ducale, la sua cattedrale, non sia al centro di tutti gli itinerari turistici.
Oltre tutto la sua altezza (circa 450 mt) lo rende piacevolmente fresco.
Poi ti rendi conto che il 10 agosto tutti i negozi hanno la serranda abbassata, tranne i bar, un’edicola e un paio di negozietti per turisti, due ristoranti su quattro sono chiusi (e gli altri tutti pieni), ovviamente sono chiusi di sera musei e mostre.
Insomma, c’è un Abruzzo meraviglioso che dei turisti se ne sbatte allegramente, e proprio per questo lo trovo affascinante

11 agosto. Teaser

Nell’anno della vittoria all’Eurofestival, dell’Italia campione d’Europa e dei trionfi alle Olimpiadi, il giornalista d’assalto non si esime dal compiere la sua impresa.
Questa è una anticipazione, appena recupererò le forze vi racconterò il resto.

11 agosto. Follow-up

Nell’anno de”Io ho fatto la Via degli Dei”, io la “Via della Lana e della Seta, ma saltellando sul piede sinistro”, “io sono andato a piedi a Tokio”, “anch’io ma portandomi mio zio in spalla”, nell’anno delle vittorie sportive, il giornalista d’inchiesta deve mettersi alla prova, e cercare di capire cosa costringe persone relativamente sane di mente a trascorrere le vacanze muovendosi piedon piedoni.
Il percorso Roseto degli Abruzzi – Montepagano è considerato adatto a bambini in passeggino accompagnati da nonne zoppe, ma tant’è, il mio allenamento è piuttosto precario.
Voci non confermate attestano che persino le vecchine della parrocchia abbiano percorso in processione il tratto, nella versione meno ostica. Per dire.
Google mi consiglia un percorso alternativo. Più breve. Poco più che tre chilometri mezzo, ma con un dislivello di 250 metri.
Praticamente per me un arrampicata verticale.
Accetto la sfida.
Il giornalista deve raccogliere prove, collegare indizi, cercare risposte.
Parte alla volta dell’allegro paesello, un’ora abbondante per salire, 45 minuti per scendere.
Ce la fa, ma forse è solo un effetto del microchip che gli hanno impiantato con il vaccino.
La missione è compiuta, nonostante il panico a metà percorso alle prime gocce di pioggia, poi rivelatasi una finta, e nonostante un inquietante cancello con la scritta minacciosa “attenti al cane”. Cancello aperto.
Alla fine il prode giornalista si rende conto che camminare nel silenzio di una stradina sterrata, accompagnato solo dal guizzo di qualche lucertola e da qualche grillo in lontananza è piacevole.
Riscoprire le nostre gambe, il passo lento, porta ad apprezzare il territorio circostante, e alla fine raggiungere la meta è ancora più piacevole.
La missione è compiuta
Tornerò, Montepagano.
In auto però.

12 agosto

I paesini collinari dell’Abruzzo sono freschi, graziosi e tranquilli. Anche troppo, se si considera che a Notaresco abbiamo incrociato solo un’altra famiglia di turisti che osservavano sconsolati il ristorante del borgo chiuso per ferie.
Be’ potremmo tornare a Ferragosto, qui dice che è aperto!, ha commentato il padre.
Ah, i papà, teneri e ingenui…

13 agosto

Caro Abruzzo,
questa bella settimana trascorsa insieme si avvia alla conclusione.
Ho cercato di fare “vacanza” nel vero senso della parola, cioè di lasciare un po’ di spazio a quei “vuoti” dentro i quali riscoprire chi siamo.
Un po’ di vuoto nell’agenda libera da orari, appuntamenti e scadenze, per camminare a passo lento invece di correre sempre. Un po’ di vuoto per stare immobile a osservare il mare e provare a lasciare i lidi delle nostre certezze, senza paura di affondare.
Nel tuo mare, caro Abruzzo, abbiamo visto granchietti, pesciolini e stelle marine, ma nessun dj. E questo è molto positivo, perché va bene la biodiversità ma c’è un limite a tutto.
Abbiamo percorso i vialetti silenziosi dei tuoi borghi preziosi, apprezzato la tua cucina fatta di arrosticini, pizza alle erbe, arrosticini, chitarre alla teramana, arrosticini, baccalà, crocchette, olive all’ascolana, arrosticini. Tutto molto gustoso. Forse un po’ di varietà non guasterebbe.
Abbiamo apprezzato la tua accoglienza ma anche la tua schiettezza: cari turisti, è vacanza anche per noi, siamo chiusi, ripassate un’altra volta.
Arrivederci, caro Abruzzo.
Sei stato l’avamposto orgoglioso e inespugnabile del Regno delle due Sicilie, vedetta affidabile e leale. I piemontesi ti hanno saccheggiato a tradimento (gli juventini rubavano anche quando non c’era la Juventus, e il bello è che a sostenerli oggi sono i figli di chi fu depredato di ogni bene).
Però, caro Abruzzo, la guerra è finita.
Rilassati un po’ anche tu come abbiamo fatto noi.

14 agosto

Non so di preciso cos’è la felicità.
Ma di sicuro una terrazza di ricordi da cui riguardare i momenti allegri, che abbiamo condiviso con chi ci vuole bene, gli assomiglia parecchio.
E adesso, pagnottelle e orecchiette: mi rendono felici parecchio anche quelle.