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La borraccia in sala riunioni

BorracceC’è stato un tempo in cui ad una riunione di lavoro ci si portava dietro al massimo un blocco per gli appunti. Almeno quelli come me che, senza prendere appunti, sentivano di buttare via il loro tempo inutilmente. A proposito, mi avete invitato ad una riunione e non ho preso appunti? Mi avete scoperto, lo confesso, non ve la prendete. Che volete farci. Poi certo c’era quello che si presentava con un abito firmato che gli era costato due volte lo stipendio, ma tutto sommato una spesa ragionevole per dimostrare di contare qualcosa, nonostante quello che gli ripeteva l’ex. E quello che incrociava le braccia dietro la testa e si dondolava, perché l’aveva visto un film di gangster americani e reputava di apparire meno stupido del solito, in quella posizione di potere.

Poi sono arrivati i cellulari, ma all’epoca nessuno aveva voglia di appoggiare mezzo chilo di plastica sul tavolo, anche perché estrarlo dalla tasca dei pantaloni era un’operazione delicata e una volta sistemato lo si estraeva solo se proprio necessario. Ho visto gente rifiutare diverse telefonate importanti solo perché l’antennina si era conficcata nel basso ventre e non ne voleva sapere di tornare a posto. Negli anni duemila il cellulare più piccolo era meglio era (che tempi!).

Fu il Blackberry il primo convitato di pietra a fare la sua apparizione in sala riunioni. Il piccolo manager con aspirazioni di arrampicata sociale lo appoggiava con un sospiro teatrale, senza perderlo mai di vista. Di tanto in tanto lo sbirciava, così per controllare che magari non fosse arrivata l’e-mail per la pizza del giovedì o la newsletter di Forza Milan. Erano in cui non si era ancora diffusa la fregatura del BYOD e le aziende fornivano ancora degli strumenti ai dipendenti, solitamente quelli di medio livello: gli operativi infatti dovevano tenere in piedi l’azienda e non potevano perdere tempo a leggere inutili e-mail, i dirigenti che dirigevano davvero avevano qualcuno che scriveva le e-mail per loro. Insomma, come un distintivo luccicante da esibire sul petto, il Blackberry fu il protagonista indiscusso per qualche anno delle riunioni, poi sparì lui e la sua tastierina minuscola, buona per le dita di Barbie e Big Jim.

Oggi una sala riunioni che si rispetti non può non avere uno schermo di oltre 50 pollici su cui apprezzare le solite presentazioni scritte male (quelle non mancano mai: secondo me fra un secolo si useranno computer molecolari e realtà virtuale 3d, ma PowerPoint resterà lo stesso, con i suoi punti elenco e i suoi sfondi fosforescenti). E poi, sono arrivate loro.

Le borracce.

Intendiamoci: se la riunione è organizzata a Bangui o Arica, tutto sommato avere dietro un paio di borracce può essere una buona idea. Interrompere la riunione per recuperare un po’ d’acqua da un cactus nel Sahara o cercare un fornellino per bollire l’acqua nel deserto di Atacama in effetti può essere fastidioso e minacciare la produttività. Ma noi siamo in Italia, la seconda porta a destra del corridoio ti conduce dritto verso un bagno con acqua corrente controllata centinaia di volte!

E va bene, decine di anni di lavaggio del cervello pubblicitario ti hanno portato a diffidare dall’acqua del rubinetto, ma la tua da dove viene? Sei passato a prenderla come ogni mattina dalla sorgente di Roburent? E se davvero fosse, davvero quell’acqua che ti porti dietro da sette o otto ore, in una borraccia molto alla moda, devo ammetterlo, ma che magari non lavi da settimane, dovrebbe essere migliore di quella corrente del rubinetto? Procurati un bicchiere come quelli che usavamo all’asilo che si allungavano come una molla e vai, se hai sete, no? Alla peggio si richiuderanno mentre bevi e ti faranno il gavettone. All’asilo succedeva, maledizione.

Come avrete intuito, sul tavolo della sala riunioni non ci sarà mai la mia borraccia. Non perché usi bottigliette di plastica. Il fatto è che ogni tanto in bagno occorre andarci comunque, per concludere il giro se non per avviarlo. E davvero non vorrei trovarmi, fra qualche, ad ammirare pappagalli maleodoranti comprati on-line e pieni fino all’orlo che troneggiano sul tavolo, perché una Greta ormai quarantenne ha stabilito che anche lo scarico è uno spreco.

Top-ten di buoni motivi per votare Renzi (alle primarie del centro-destra)

Immagine tratta da “Marxisti per Tabacci”

10) Perché a furia di rottamare, si producono rifiuti, e servono inceneritori. E Renzi sa che bene che non fanno male e ti fanno ciao ciao, altro che quei terroristi degli oncologi Guarda 
9) Perché i deputati non ne possono più di avere solo tre pulsanti sugli scranni di Montecitorio, e Renzi gli farà avere finalmente anche il Joystick.
8) Perché con tutti i giovani che lavorano tanto facendosi pagare poco, bisogna premiare uno che si fa pagare tanto lavorando poco (Renzi da quando è sindaco di Firenze è stato assente alla metà dei consigli, più di 70 assenze su 150, prendendo più di 4000 euro mensili di stipendio Approfondisci )
7) Perché dopo anni di presidenti del consiglio con problemi giudiziari, lo shock di passare ad uno mai condannato sarebbe troppo forte (Renzi è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti, si aspetta l’appello) Leggi la condanna 
6) Perché chisse ne frega se l’acqua è pubblica o no, i ggggiovani bevono cola Approfondisci
5) Perché è l’unico che è riuscito a scucire dei soldi a Berlusconi (Renzi ha vinto nel 1994 alla ruota della fortuna, guarda)
4) Perché i cattivoni sono i terremoti, mica l’amico nucleare Guarda
3) Perché non se ne può più di politici guidati dai suggerimenti su carta dei loro portaborse. Oggi c’è twitter. Approfondisci 
2) Perché gli amici fiorentini meritano un sindaco migliore
1) Perché votate chi volete, questo è il sale della democrazia. Anche Renzi, se vi va. Alle primarie PDL, però, che mi sembra il suo programma più adatto ad una destra moderata…

Decalogo del risparmio

1. Spegnere le luci quando non servono
2. Spegnere e non lasciare in stand-by gli apparecchi elettronici
3. Sbrinare frequentemente il frigorifero; tenere la serpentina pulita e distanziata dal muro in
modo che possa circolare l’aria
4. Mettere il coperchio sulle pentole quando si bolle l’acqua ed evitare sempre che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola
5. Se si ha troppo caldo abbassare la temperatura dei termosifoni invece di aprire le finestre
6. Ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria
7. Utilizzare le tende per creare intercapedini davanti ai vetri, gli infissi, le porte esterne
8. Non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni
9. Inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni
10. Utilizzare l’automobile il meno possibile e se necessario condividerla con chi fa lo stesso tragitto.

Campagna elettorale

Siamo ormai in campagna elettorale, questo è evidente. Lo capiamo perché i politici cominciano a sfilare (alcuni attraversano le piazze colme di studenti con il medio alzato: a questo siamo arrivati). Perché declassano la comunicazione a insulto gratuito; perché si mostrano più preoccupati di mantenere la poltrona fra qualche mese che del destino di un paese che sta affogando (e non nell’acqua, magari: stiamo affondando in un mare di…melma). Perché questo bell’inizio nazional demagogico? Il presidente operaio, casalinga, anziano, giovane, ha caricato le batterie: quella che vedete è una foto che ho scattato stamane a Bologna.

Anche la guerriglia semiologica, come la chiamava Eco negli anni settanta, non si è fatta attendere: ecco la risposta. Ne vedremo delle belle

40 morti e ottantadue feriti

40 morti e ottantadue feriti. Un bilancio spaventoso, non c’è che dire, anche per chi soffre un po’ di assuefazione da cifre tragiche. Non è il risultato di una sciagura imprevista o di un incidente, non è un nuovo morbo né il risultato di un conflitto criminale. 40 sono le persone morte, dal settembre 2004 a ieri, a causa della caccia, la cui turpe stagione si chiude a gennaio. Non sto parlando dei 150 milioni di animali uccisi, di cui pure mi dispiace, ma di persone, che per errore, imprudenza, incapacità, stupidità, sono state uccise durante battute di caccia, colpite da proiettili vaganti.
Faccio solo una riflessione. Io non so che soddisfazione dia tornare a casa con il cadavere insanguinato di qualche uccellino spennato; non riesco a comprendere l’emozione di svegliarsi la mattina presto, fare un bel po’ di strada e aspettare ore con un arma impugnata in mano, in religioso silenzio, quando si potrebbe trascorrere quel tempo a passeggiare chiacchierando; non sono capace di considerare un’attività sportiva quella di chi si rilassa seminando morte. Ma questi sono limiti miei. Se però quaranta persone non si sveglieranno più per colpa di questa, come dire, difficilmente comprensibile passione, allora bisogna che a riflettere sia la comunità, e in fretta anche. C’era un tempo in cui l’uomo doveva cacciare per nutrirsi, doveva vivere nelle caverne per difendersi dal freddo, doveva muoversi vicino a fiumi e stagni per abbeverarsi. Oggi viviamo in case riscaldate e abbiamo l’acqua dal rubinetto. Perché cacciamo ancora?

Piove governo ladro

Quand’ero piccolo la pioggia era una specie di festa, una giornata speciale diversa dalle altre. Si indossavano stivaletti di gomma pesantissimi e dai colori degni Carnevale di Rio che ci davano l’impressione di essere diventati dei piccoli Mazinga, con quel suono possente dei nostri passi, reso più divertente se ci era consentito sguazzare nelle pozzanghere. Accadeva nei casi più eclatanti addirittura di trovare qualche parente che ci attendeva fuori dalla scuola per accompagnarci in auto (io appartengo all’ultima generazione che è andata a scuola da sola e a piedi: i ragazzi di oggi vengono scortati a scuola in jeep anche se sta dietro l’isolato, tanto ci sono le magiche quattro frecce e via). Accadeva, e forse a Statte, il mio paese natio dove la pioggia è così rara da essere una specie di festa, accade ancora.
Qui a Bologna, no.

Piove da una settimana. Piove talmente tanto che il cielo è buio tutto il giorno; ogni tanto tira il respiro, esita, poi ricomincia fragorosamente a scrosciare acqua. So che durerà ancora molto, quando ci si mette può durare decine di giorni, mesi forse.
E allora l’unica soluzione per non cadere in depressione potrebbe essere quella di andare al lavoro indossando stivaletti di gomma pesantissimi e colorati come pappagali amazzonici, e magari camminare per gli uffici con i pugni chiusi e rigidi pronti a sganciare i missili perforanti o i raggi ionici.
Uhm.
Non so.