Archivi categoria: Tivvù

L’invadenza dei reality

Il reality non è un genere televisivo, è una malattia del palinsesto.
 Un virus nefasto. Come tutti i virus, è contagioso, si diffonde, allenta le barriere immunitarie e dilaga.
Le pseudo-notizie dei protagonisti invadono i programmini pomeridiani e le bbbone domeniche, e fin qui poco male: si infetta comunque roba putrebonda. Per non parlare di certi telegiornali come Studio Aperto che alle tette rifatte e ai calendari con le donnin ignude dedicano ormai redazioni specializzate.
Il problema sorge quando programmi come Quelli che il calcio, che nonostante Simona Ventura possono ancora essere di qualche interesse, ingoiano quintalate di spazzatura proveniente dall’isola dei morti di fama o dal XXX- factor. Oppure quando autori svogliati (leggi Gialappa’s) fanno il compitino affidandosi alla indecente ignoranza di certi concorrenti.
Mi terrorizza l’idea che Quark dedichi uno speciale all’accoppiamento dell’Homo imbecillis in cattività che Blu Notte approfondisca il tema del mistero delle corna messe da Belen a più o meno una dozzina di bellocci. Sembra fantascienza, ma se qualcuno non ferma il virus, ci arriveremo.

Il parcheggio delle fiction

È risaputo come nel cinema non ci siano tempi morti (tranne che in certi film francesi d’autore, ma questa è un’altra storia). Se un protagonista deve spostarsi da casa all’ufficio, lo vediamo uscire di casa, al limite prendere l’auto, poi nella scena dopo è con i colleghi.
Non ci interessa il tragitto e il parcheggio, anche perché altrimenti il film durerebbe una settimana. Li diamo per scontati. Anche in questo caso ci sono delle eccezioni: si pensi ai parcheggi esilaranti di Frank Drebin nella Pallottola Spuntata. Ma insomma, in generale i parcheggi non ci interessano.
Nelle fiction la questione è diversa. Lì i parcheggi diventano essenziali, per due motivi: alla produzione interessa spesso mettere in mostra le auto degli sponsor, e quindi una bella inquadratura della berlina del bello della situazione ci vuole. Ancora più frequentemente, poi, alla produzione interessa mettere in luce le bellezze architettoniche della regione che, attraverso qualche film commission, ha investito parte dei soldi dei contribuenti in quello sceneggiato.
Come coniugare allora l’esigenza di tagliare i tempi morti con quella della inquadratura per l’assessore al turismo? Semplice: il protagonista parcheggia sempre in posti bellissimi, dove non c’è mai nessuno – sennò dovrebbe fare manovra – e dove non esiste il divieto di sosta. Ecco allora Montalbano che accosta l’auto alla cattedrale di Noto, ecco l’autista di Mastrangelo che lascia tranquillamente la macchina in Piazza del Duomo a Lecce. Nella vita reale te la portano via dopo qualche minuto, nelle fiction si può. Si può anche nel cinema spazzatura: in "Sognando la California" dei Vanzina uno degli interpreti sgommava tranquillamente in Piazza Maggiore a Bologna, dove ti abbattono con i mitra anche se vai in monopattino.
Le fiction sono l’evoluzione della pubblicità, ce ne sono di belle e di brutte. Ma in ogni caso non c’entrano mai con la vita reale, dove parcheggiare è il tempo più morto di tutti.

Una botola di ovvietà

Ieri sera mi è capito per caso di rivedere Frizzi in televisione. Frizzi è un ottimo rappresentante di quell’aurea mediocritas che tanto conta in tivù: non sa cantare, non sa ballare, non è particolarmente spiritoso, ma proprio per questo motivo risulta simpatico ai più.
Ammetto di aver sperato di assistere all’unico programma televiso serale che è riuscito a catalizzare la mia attenzione per più di dieci minuti, e cioè "I soliti sospetti". Programma in cui bisognava indovinare l’identità di una persona solo dal suo aspetto fisico e da pochi indizi. Sarà che sono della generazione di indovina chi, sarà che mi piacciono i gialli, speravo insomma di poter cominciare a vagliare indizi. Macché.
Il programma condotto da Frizzi, la botola, meriterebbe appunto di finire presto in cantina. Una specie di Corrida a eliminazione con l’aggiunta un po’ trash di far cadere i concorrenti in piscina. Minestra vecchissima e nemmeno riscaldata, ma tiepidina.
Ridateci i soliti sospetti, e in fretta pure, altrimenti questo Frizzi non serve.

I miracoli del fotoritocco

La foto qui sopra è una scansione tratta da City di qualche tempo fa, di proprietà dell’Ansa.
L’articolo presentava una serie gialla in sei puntate mandata in onda da Sky con la direzione artistica di Salvatores e con Angela Baraldi protagonista. Ed è proprio di questo di cui vorrei parlare: l’attrice a sinistra è nella sua versione reale, così come viene fotografata alla conferenza stampa, a destra nel poster della serie.
A me pare ci siano delle leggere differenze, non trovate? Se solo potessimo fotoritoccarci nella vita reale…

Signor Mollica, mi regali un suo aggettivo!

Ho un sogno nel cassetto: una recensione di Vincenzo Mollica.
Non lo conosco di persona e non posso dire se è un entusiasta sempre e comunque, ma ogni volta che commenta qualcosa in tivù, è un tripudio di aggettivi qualificativi positivi. Il minimo che una mostra possa ricevere è "straordinaria", il film è sempre "Il più bello", l’opera è "incantevole" e il disco "lascia senza parole". Signor Mollica, faccio un appello pubblico, legga i miei racconti.
So già che nella peggiore delle ipotesi per lei saranno indimenticabili, o se proprio va male, toccanti e profondi. Vincenzo Mollica è per un’artista l’insegnante di educazione artistica delle medie: un bel voto non si nega a nessuno!
E lo vorrei anch’io…