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La finestra sul porcile

Ho frequentato negli anni diverse palestre (ma chi? Tu? Dici davvero? Staranno dicendo quelli che mi conoscono e conoscono il mio stato di forma). Sì, io, con risultati evidentemente insoddisfacenti. Anche perché mi alleno molto meno di quanto sarebbe necessario per ottenere un benché minimo traguardo. Ma il punto non è questo. Nel mio girovagare fra abbonamenti, ho frequentato palestre moderne, ambienti che sembravano usciti da un gangster movie anni cinquanta, micro-palestre ricavate nel seminterrato al posto della tavernetta, palestre universitarie, palestre in centro e nelle periferie ai margini della città. Non ho mai frequentato però una palestra con le vetrate, e ho paura che se questa tendenza continuerà, considerando che non sono un cliente fedele, prima o poi la palestra con la vetrata toccherà a me.

Credo abbiate capito a cosa mi riferisco: a quelle palestre in cui il progettista al posto del muro frontale ha scherzosamente installato una grande parete di vetro. Il che sarebbe anche simpatico se si trattasse di una di quelle pareti in cui tu osservi fuori la strada ma loro NON vedono le tue budella adipose sballonzolare sotto la magliettina di acrilico lucente, NON posano lo sguardo sulle gambe storte della segretaria dello studio legale e non apprezzano gli sforzi della libera professionista che nonostante trent’anni di vita sedentaria e alimentazione ipercalorica crede ancora ci sia qualche possibilità di recupero. E invece no. Lo scherzo atroce è che da quelle finestre si vede proprio tutto.

Ma perché, mi domando? Oltre tutto non si tratta di palestre ben evidenziate da pannellistica fosforescente e nomi in americano maccheronico: in quel caso ti giri dall’altra parte, eviti così l’imbarazzante incrocio di sguardi con il sessantenne occhialuto che annaspa sul tappeto rullante come se una mandria di bufali inferociti lo inseguisse famelico. No, ormai dissimulano la loro presenza: l’altro giorno ero appena uscito dalla stazione di Bologna quando davanti a me si è palesata la visione di un ragioniere in canottiera della salute, oltre tutta questa palestra ben illuminata è al primo piano, per cui ti godi la vista di un Nettuno sovrappeso senza tridente e con il sudore al posto degli zampilli.

Che poi, ci fosse una sola volta che da queste vetrate si apprezzasse una bella figliola: no, quelle sono nella sala pilates, che oltre a non avere finestre magari è pure insonorizzata. Fatela finita, per favore. Non vi chiediamo tanto, solo una tendina. Viviamo nell’era della trasparenza, è vero, ma ci sono momenti in cui ne facciamo volentieri a meno. Riprendetevi il ragioniere e dategli da bere prima che svenga.

Paura del sonno

Il giovane papà si accorge che i bambini in generale fanno molta fatica a prendere sonno.
Ogni volta è una battaglia, una lotta nella quale il piccolo ce la mette tutta per spalancare gli occhi e non lasciarsi andare. Secondo alcuni, nell’avversione dei piccoli verso il sonno, c’è semplicemente la paura di non risvegliarsi.
I piccoli non sanno che dopo il sonno ci si risveglia: e si battono perché piace loro stare svegli, vedere, guardare, mangiare, insomma vivere. Non vogliono spegnere la luce, perché non sanno che si riaccenderà.
Quando Cristo si riferiva al fatto che per raggiungere il Regno dei Cieli occorre essere come bambini, credo si riferisse anche a questa disperata voglia di esserci. Per carità, non auguro l’insonnia a nessuno.
Ma rigustare il piacere di risvegliarci al mattino, e ringraziare di essere di nuovo in piedi, forse quello dovremmo riscoprirlo.
Giovani papà e non.

Il videotelefono non va…

? un dato sotto gli occhi di tutti: nonostante le spese per campagne pubblicitarie pari al pil di mezza Africa, nonostante una capillare rete di vendita, nonostante le offerte speciali, i paghi uno prendi due, i presentaci un amico e portati via sto pezzo che c’ho il magazzino pieno, i videotelefonini in Italia fanno fatica. Problemi della congiuntura economica? Non credo, la gente compra biscotti bulgari al discount ma all’elettronica non rinuncia. Scarsa qualità, problemi di connessione? Forse, ma anche i primi gsm perdevano il campo ogni dieci metri, eppure furono un successo. E allora? Io ho alcune idee a riguardo. Mettiamo che ci sia un buon 20% dei non utenti che non compra i videotelefoni per il prezzo. Dico per dire, come dato mi sembra pure eccessivo. Gli altri? Intanto, riflettiamo sull’ovvio: con i videotelefonini ti vedono. E questo esclude dal mercato tutti gli utenti timidi ( e timide, nessuna delle categorie è appannaggio di un sesso) che usano il cellulare solo per gli sms, gli impiegati di banca che inviano messaggini di fuoco alle segretarie e le casalinghe che riaccendono il menage con un po’ di tvtb sn t prndm tt al consorte. Diciamo un 10%. Poi c’è un buon 30% di farfalloni esclusi dal mercato: quelli che chiamano gli amici da Ostia per raccontare di essere ai Caraibi, quelle che dicono di essere impegnate in ufficio fino a tardi e invece sono a spasso con l’amante, quelli che si presentano come professor dottor esimio e c’hanno l’ufficio ricavato in uno scantinato. Ovviamente il video è escluso per tutti loro. Poi ci sono i perfettini, un altro buon 10% a mio parere: sono quelli che si cambiano e si pettinano anche per andare a buttare la spazzatura. Per loro, l’idea che qualcuno possa chiamarli senza preavviso e vederli (orrore!) con gli occhiali e senza fondotinta è semplicemente angosciante. Ma il grosso, almeno il 55% dei non utenti italiani è rappresentato dagli “itagliani”, i trasgressori della domenica, quelli che amano sembrare fuorilegge ma senza esagerare. Sono quelli che usano il cellulare in macchina senza viva voce: sanno che è rischioso e scorretto, lo fanno, ma non arrivano al punto di guidare guardando il video sbiadito con la faccia del cliente. Sono quelli che ostentano: una volta avevano il cellulare legato alla cinta (ricordate?) ora sono passati alla cuffia bluetooth, ma il videotelefono non li convince; come si fa a guardare contemporaneaente lo schermo e la bionda in fila alla posta?
Personalmente appartengo all’ultimo 5%, gli attendisti: quelli che amano la tecnologia ma aspettano che maturi. Quelli che hanno visto il laser disc ma hanno aspettato pazientemente il dvd; quelli che hanno aproffittato della nascita degli schermi al plasma per comprarsi un 28 pollici tradizionale a 300 euro; quelli che aspettano seduti sulla riva del fiume che il commerciante avido dall’altra parte abbassi i prezzi…