In autobus sempre più spesso ci sono schermi digitali con il tipico sfondo nero e una scritta bianca lampeggiante; nei centri commerciali ci sono console con joystick tristemente appesi e lo stesso identico schermo nero; mi è capitato di vederlo anche sul terminale di un impiegato postale, per non parlare dei totem informativi. Sto parlando della schermata di Windows in tilt, o in crash come si dice in gergo. Le molteplici versioni di Windows variano, si adattano all’ambiente, si aggiornano e si ramificano, ma finiscono inevitabilmente per piantarsi tutte alla stessa maniera. Siano ad alta risoluzione o 3d, al plasma o catodici, anche per i computer esiste una livella nera…
Archivi categoria: Personal Edition
Motor Show?
Lo chiamano Motor Show, lo spettacolo dei motori, come se quattro pistoni, un cinghia e dei bulloni potessero in qualche misura risultare spettacolari. Sto esagerando, è vero, il termine motor si riferisce più genericamente ad auto e motovetture che possono in taluni casi risultare spettacolari, specie agli appassionati. Il sospetto che tutto sommato non suscitino tutta questa attrazione resta, però: se sono sufficientemente spettacolari loro, a che serve il corredo di donnone seminude, personaggi televisivi, radio e discoteche ambulanti? Si va al Motor Show per le auto o per l’eccitazione di un meraviglioso cappellino con su scritto “Gomme da Gigi&Pippo” conquistato dopo ore di battaglie e attese? Interessano le carozzerie delle auto o quelle ben più esposte delle modelle? Ma il punto non è questo, sono stato una volta al Motor Show e mi è bastato, orde di quindicenni provenienti da chissà dove che urlano tutto il tempo “faccela vedé faccela..”, saltano al ritmo del dj Molto Fico, passaparola di gente che ha visto passare il calciatore, il pilota, il presidente, Jeeg Robot. Il punto è che mentre si festeggiano auto e moto, il vero Motor Show si celebra fuori, nella tangenziale intasata, nella viabilità impossibile, nelle strade completamente intasate dai visitatori. Altro che colline verdi e deserti incotaminati, è qui che circoleranno le belle auto in mostra, in questo inferno di clacson e abbaglianti…
Volontari e mercenari
Siamo tutti volontari e mercenari, se ci fate caso. Siamo volontari quando facciamo un favore ad un amico, quando facciamo la raccolta differenziata o aiutiamo il prossimo: non abbiamo nulla in cambio (specie se si tratta di un’amica e il favore era interessato, ma questo i miei lettori maschietti lo sanno bene). Però lo facciamo, e spesso ci fa sentire meglio. Chiaro che poi ci sono i volontari “professional”, quelli membri di associazioni che tutelano l’ambiente, i diritti umani, i poveri, gli animali, o che animano il quartiere. Ma siamo anche mercenari: non terremmo legato ben saldo il nostro fondoschiena alla sedia dell’ufficio se non fosse per un concreto e altrettanto saldo ritorno monetario.
La differenza sta nelle percentuali: mercenario 70% del tempo volontario 30% mi sembra un giusto compromesso; ma ci sono anche i mercenari al 100%, quelli che se li inviti da qualche parte prima di chiederti dove ti chiedono se si paga, quelli che si tatuano un favore fatto e richiedono il ritorno con gli interessi ogni volta che ti vedono. Volontari al 100% lo siamo stati, quando da bambini potevamo fare quello che volevamo, perché era la volontà, appunto, a contare, e non la merce. Sembra che anche molti imprenditori abbiamo riscoperto – a modo loro – la bellezza del volontariato, visto che tra stage, tirocini, cocopro e apprendistati, hanno ormai più volontari che dipendenti…
Hai lasciato tutto il meglio!!
Mangia che ti fa bene! Tutta salute! Benedica! Quanti di noi sono cresciuti ascoltando queste frasi? Provenienti da una cultura contadina, genuina e che non tanti anni prima aveva conosciuto la fame, da bimbi abbiamo imparato che se c’era un modo per far contenti i grandi era pulire il piatto. Tanto poi si correva in bici in cortile, si giocava a calcio per strada e ci si arrampicava in posti pericolosi dove i grandi non potevano vederci. Ma Per i bambini di oggi non è così facile. Non è per fare della retorica alla via Gluck, ma certo oggi i cortili non ci sono più, e se ci sono sono invasi di automobili, per giocare a palla bisogna prenotare la palestra (carissima) e gli appartamenti sono talmente piccoli che al limite bisogna arrampicarsi per salire sul letto al castello. E come se non bastasse sempre più spesso c’è del ketchup nel panino al posto del formaggino, i mitici Atene sono sostiuiti da biscotti con glassa e cioccolata, i tarallini boicottati e gelati alla crema preferiti a quelli alla frutta. Il risultato è che un bambino su tre (dati resi pubblici oggi) è a rischio di obesità. Probabilmente diventerà un ciccione, insomma, diciamolo senza troppi giri di parole, è così che lo chiameranno i compagni di classe: mangia troppo e si muove troppo poco. Io quando ero piccolo lasciavo sempre il sugo in fondo al piatto (lo faccio tutt’ora, e non so di preciso  perché non ho mai avuto un buon rapporto con la scarpetta) e mi dicevano: che sciocco che sei, hai lasciato tutto il meglio.
Oggi sono contento di averlo lasciato lì e non essermelo accumulato nella pancia…
Simpatiche tangentuzze
Perché in Italia si spendono 30 euro per un certificato medico necessario – obbligatorio – per fare sport, scritto svogliatamente da un medico che a volte ti visita e a volte ti chiede solo se stai bene, e quando invece doni il sangue ti misurano la pressione, ti controllano il cuore, per non parlare di analisi del sangue e dell’urina, MA NON POSSONO
SCRIVERE SU UN PEZZO DI CARTA CHE STAI BENE? Ovvio che userei quel pezzo di carta per iscrivermi in palestra, ma uno o sta bene o no. Questi 30 euro mi sembrano una di quelle tante, piccole, invisibili, legali tangentuzze (e non si offendano i medici, è lo stesso per certe firme di professionisti quali notai o geometri) che impediscono al nostro paese di essere finalmente, definitivamente e senza ombra di dubbio un paese normale.
PS Oggi ho donato il sangue: fatelo anche voi, se potete. So di non essere un granché come testimonial, ma neanche la Ruta mi pare abbia poi tutto questo potere persuasivo (l’ho vista su un manifesto dell’Avis, la cosa migliore che abbia fatto dopo l’Isola dei Morti di
Fama 1). Fatelo e basta. Poi vi offrono la colazione gratis…
Buon viaggio ragazzi
Non amo particolarmente i blog molto intimi, che raccontano sin nei dettagli la sfera privata dell’autore.
Credo che la sua intimità appartenga a lui soltanto e come tale mi sento quasi in imbarazzo quando leggo nei blog le vicende sentimentali di Pippo che ha scoperto che Mary85 lo tradisce con Lallissimo da ormai 5 mesi con reciproca soddisfazione. Mi verrebbe da dire a Pippo: hai visto cosa succede a passare troppo tempo con il tuo blog trascurando le relazioni umane?
Ma oggi voglio fare un’eccezione. Oggi è una data importante, una di quelle che chiudono un capitolo della tua storia e ne aprono un altro. Come il 15 settembre del 94, quando vinsi il test di Comunicazione a Bologna, o il 14 luglio 2000, in cui mi laureai, o il 9 maggio 1998, che per me è importante ma non vi dico perché (leggi sopra).
Oggi è partito il mio compagno di stanza con cui ho diviso la camera per quattro anni, e a ruota partiranno anche gli altri compagni di appartamento. Non mi piace la retorica e poi sono già abbastanza malinconico di mio (la mia vita in questo momento sembra un film di Kurosawa con la colonna sonora di Reveal dei Rem, yuppie!).
A loro dico: buon viaggio ragazzi, è stato bello percorrere un pezzo importante di strada insieme. Spero che la mia futura moglie abbia la stessa vostra sconfinata tolleranza nei confronti dei calzini in soggiorno, del casino la mattina (perché la borsa non è mai dove credi di averla lasciata?) del dentifricio sul rubinetto del bagno e dello sciacquone non tirato per sbadataggine.
Lo spero proprio. Buon viaggio, e grazie.
 
		