Archivi categoria: Personal Edition

Fever Nights, fever nights, fiva’…

Cos’è che cambia, qual è la molecola che entra in circolo in un determinato istante della vita e che ci impedisce di smaltire facilmente una nottata di baldoria (ieri ho fatto le 4 ballando sulle panche della Buca delle Campane, un locale mitico per gli universitari bolognesi e non solo)? Perché dieci anni fa potevo fare le 4 tutti i weekend e adesso mi sento come se al posto della testa avessi uno di quei bottiglioni aziendali capovolti da sala riunione? Potrei dirmi che è colpa dell’età, sto invecchiando, sto perdendo forza, magari sto pagando le conseguenze degli eccessi di dieci anni fa. Potrei dirmelo, ma sarebbe una balla. La verità è che dieci anni fa per vivere dovevo leggere libri quasi sempre interessanti, ascoltare conferenze quasi sempre interessanti e poi una volta ogni tre o quattro mesi chicchierarne amabilmente con un professore. Al limite potevano chiedermi di scrivere qualche pagina. Oggi per vivere devo seguire spesso progetti
sconclusionati che infatti non avranno conclusione, risolvere problemi creati da altri e trovare giustificazioni convincenti per idee che mi hanno imposto e che trovo balorde.
Per forza arrivo cotto al venerdì sera…

Gli oroscopi mi fanno sorridere

Non credo agli oroscopi. Quando li leggo mi viene da ridere. Mi diverte leggerli di tanto in tanto, cercare di scoprire i trucchi e il mestiere che c’è dietro agli autori, ma non ci credo. Magari danno un po’ di ottimismo (e sappiamo tutti ormai che l’ottimismo è il sale della vita, e fa alzare la pressione), in fondo sono quasi sempre pronostici positivi. E se anche non fosse, fa comunque piacere che sarà una brutta giornata non solo per te, ma anche per tutti gli altri Pesci del pianeta, e saremo milioni.
Di solito l’oroscopo è generico, vago, superificiale, non rischia. Ogni tanto però si sbilancia. Quello di oggi mi dice: fai attenzione alle distrazioni durante la guida, sono probabili delle multe. E a me viene da ridere: sono l’unico onesto (fesso?) che ha lasciato la macchina a casa per via delle targhe alterne e ha preso l’autubus. Magari l’autore dell’oroscopo ha confidato proprio nelle targhe alterne per pronosticare qualche multa. Ma ahimè, qui a Bologna se ne vedono proprio pochine, e le auto con targa pari oggi sono tante (e non venitemi a dire che sono tutte a metano!!!)

Donne molto pesanti

Ieri sera ho presentato il mio romanzo presso la sala consiliare del Quartiere Reno, a Bologna, grazie alla collaborazione dell’associazione Libri e Dintorni. Ma non è questa la notizia. In un clima molto informale e giocoso (le presentazioni sono così troppo spesso triiiiiiisti), ad un certo punto mi sono messo a raccontare della mia disapprovazione per le diete dimagranti. Servono, lo so, l’obesità è un problema, ma le ragazze a dieta mi mettono tristezza, specie quando non ne hanno bisogno. Si esce la sera, tu ordini birra antipasti pizza speck e grana e già pregusti il tartufo che ordinerai per dessert (non sono particolarmente goloso, ma la convivialità della tavola per me è sacra), e magari la persona che hai di fronte ordina un’insalata. E basta. Un’insalata, come se l’insalata fosse un piatto a ordinare per una persona civile. L’insalata è un contorno, un ornamento per la fiorentina o per il petto di pollo, un contenitore che permette alla salsiccia ai ferri di scivolar più tranquillamente giù per l’esofago. Non si può uscire a cena e ordinare un’ insalata scondita senza gettare nello sconforto cameriere, amici, commensali, e tutto il quartiere man mano che la voce si sparge.
E che dire delle ragazze che ordinano una pizza sottile con un filo di pomodoro senza mozzarella e con poco sale? Una specie di frisellona scondita. Giammai. Ebbene, una simpatica signora durante la presentazione di ieri ha aggiunto: io sono stata testimone di una signora che ha chiesto al cameriere di pesare la pizza, prima di mangiarla. Fossi stato il cameriere, le avrei risposto: niente può renderla più pesante di quanto già lei non sia, signora…

Mi piace il presepe

Sarà la mia formazione religiosa, sarà che sono meridionale, sarà che preferisco l’arte tradizionale a quella contemporanea, ma il presepe mi piace tantissimo. Simpatici gli ometti di neve con la sciarpa, per carità, anche se il proprietario della sciarpa probabilmente non è della stessa opinione. Simpatiche le renne sorridenti (sorriderebbero di meno se vedessero lo zampone e il cotechino che orna le nostre tavole per non parlare del cappotto nuovo scamosciato). Anche le candeline, così romantiche, le palline sparse, i nastrini fanno la loro bella figura, non dico di no. Però, però, sono oggettini carucci ma senz’anima, decorazioni senza personalità. Babbo Natale poi prima di riacquisire un briciolo di dignità dovrebbe togliersi il vestito imposto dallo sponsor e tornare a vestirsi di verde, come era il vero Santa Nicolaus.
Il presepe è carico di anima, quella del pastore con la pecora sulle spalle, quella del mugnaio condannato da sempre sulla montagna più lontana (per via del profilo del mulino, che dona molto romanticismo al panorama,il mugnaio è condannato a stare fuori dal borgo del presepe per editto), quella del mercante sul carretto e della lavandaia materna. E poi il fiume con i fogli d’alluminio, la neve fuori posto (Betlemme non è sulle Alpi, suvvia!) Per non parlare ovviamente della Sacra Famiglia, del bue e dell’asinello, e dei poveri Re Magi, poveri perché tenuti nascosti nella credenza fino all’Epifania e tirati fuori per poche ore di celebrità. Stanno vicino al Redentore, al centro della scena, ma il pomeriggio del 6 il presepe si smonta, e a loro tocca aspettare un altro anno.
Mi piace, il presepe.

Spesa o caccia al tesoro?

Non so se vi è mai capitato di fare la spesa all’Ipercoop Centro Lame di Bologna. Fatela, almeno una volta. Ci sono due buoni motivi. Il primo è che il rapporto tra qualità e prezzo è discreto. Il secondo è che la spesa all’Ipercoop del centro lame è più vicino all’esperienza della caccia al tesoro che del semplice acquisto. Sono due anni che la frequento, e con il tempo mi sono convinto che la posizione delle merci deve essere stabilita da una donna che ha il ciclo tre volte al mese – la qual cosa deve renderla parecchio lunatica ed irritabile – o da un uomo spostato ad una donna che ha il ciclo tre volte al mese, ancora più in collera con il mondo. Tutto cambia sempre posizione, e l’esperienza ludica è esaltante, si sgattaiola da un settore all’altro alla ricerca del bene prezioso, prendendo appunti, notando gli spostamenti furtivi dei commessi, osservando con discrezione e cercando di memorizzare tutto. Ogni tanto c’è qualche omarello col vestitino coop che ti aiuta, sembrano spaesati e confusi, spesso danno indicazioni poco chiare o sbagliate, ma lo fanno solo per non rovinarvi il piacere del gioco
Siate sempre però consapevoli che schemi, suggerimenti e appunti varranno poco: dopo un paio di giorni, cambia tutto!!!E via per nuove avvincenti cacce al tesoro…

Chi non vuole lavorare, neppure mangi.

Chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Non è uno slogan di Confindustria, neppure una frase all’americana per motivare i dipendenti. E’ la lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesei, che si legge oggi in Chiesa. Paolo, si sa, è abbastanza concreto, non è un poeta come Giovanni e neanche uno storico erudito come Luca: gli hanno riferito che ci sono gruppi di cristiani che si stanno lasciando andare perché aspettano la fine del mondo che reputano vicina, e vuole spronarli a tornare alla vita quotidiana e al lavoro.
Attualizzare i testi sacri è sempre complicato e richiede competenze che (ops…) in questo momento mi mancano, ma non posso fare a meno di domandarmi cosa direbbe oggi Paolo a quelle persone che vorrebbero davvero lavorare, e magari anche a mangiare, ma che per farlo devono fare centinaia, migliaia di chilometri, e tornare a casa due volte l’anno. Migranti, emiganti, immigrati, chiamateli come volete.
Cosa gli direbbe Paolo? Probabilmente gli farebbe coraggio: se la fine del mondo non è ancora vicina, è anche e soprattutto merito loro…