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I propositi di uno scrittore galleggiante

  1. Che fine anno sarebbe senza i propositi per l’anno nuovo? Con il prossimo tra l’altro si apre un decennio, per cui se non dovessimo farcela a rispettarli possiamo chiedere una proroga che in Italia non si nega a nessuno.

10) Giocare a calcetto soltanto con persone che condividono lo stesso stato di forma fisica. Che invecchiamo lo sappiamo già, non c’è bisogno di rincorrere inutilmente un ventenne per ribadirlo

9) Invitare a casa solo persone intelligenti abbastanza da mangiare quello che viene offerto loro. Nessun vegano è mai morto per aver mangiato un tortellino, nessuna dieta dimagrante è stata messa in crisi da una mangiata un po’ più calorica. Fanno eccezione le persone che soffrono di intolleranze alimentari, ovviamente, visto che morire per cortesia è chiedere decisamente troppo

8) Leggere soltanto libri che mi piacciono. Per anni mi sono sforzato di leggere anche libri noiosi che però sentivo di dover leggere, anche solo per parlarne “in società”. A proposito, ho finito finalmente di leggere “La storia” di Elsa Morante. Per favore, invitatemi a parlarne in società prima che dimentichi del tutto quel tomo deprimente

7) Non sentirmi superiore alle persone razziste, ai qualunquisti, agli sfaticati che vorrebbero essere mantenuti dallo Stato, agli evasori fiscali. In fondo, molto in fondo, sono essere umani anche loro

6) Giocare con le mie figlie e godere del tempo trascorso con loro: prima o poi arriverà un maledetto bastardo con cui preferiranno giocare e io non potrò farci niente. Quasi niente… (ghigno malefico e strofinarsi di mani)

5) Andare ogni tanto al cinema. Vanno bene le serie tv guardate a spezzoni nel tablet, vanno bene gli audiolibri mentre si guida, va bene il divano e la tv. Ma il cinema è un’esperienza che ci fa ricordare che non siamo soli, ed è bene rammentarlo di tanto in tanto

4) Andare a votare sempre e in ogni caso, anche quando non c’è nessuno che rappresenti le mie idee, anche quando non sono convinto, anche quando devo addirittura turarmi il naso. Si sono milioni di persone a cui il naso è turato dai regimi militari, e qualche volta gli chiudono pure la bocca. Dobbiamo votare anche per loro

3) Scrivere per il gusto di farlo, e non nella speranza che qualcuno legga. Ho pubblicato il mio primo romanzo quasi 17 anni fa, se davvero avessi avuto il talento un grande scrittore sarei emerso per tempo. Più che emergente sono uno scrittore galleggiante, basta riconoscerlo

2) Andare in palestra e mostrare ai ventenni spocchiosi con il ciuffo da un lato che sì, anche chi viaggia verso in cinquanta può avere voglia di sentirsi in forma. Nota: ricordarsi di non indossare magliette troppo aderenti per non dare ragione ai sorrisini dei ventenni spocchiosi di cui sopra

1) Gioire di tutto quello che di bello mi succede. Un tramonto sul mare o un gol del Taranto, una pizza saporita o un romanzo che ci appassiona, un complimento in ufficio o il sorriso di chi ci vuole bene. Perché la felicità è un treno che passa veloce e solo a chi ha gli occhi ben aperti e un bagaglio leggero riesce a salire a bordo.

Buon 2020

La scuola ai tempi del grande fratello

SuolaSe i miei genitori volevano sapere come mi era andata a scuola, me lo dovevano chiedere, e fidarsi delle mie parole. Almeno fino al giorno del colloquio con i professori. Quel giorno si sarebbero messi in coda pacificamente, selezionando con attenzione le file per evitare magari di passare il pomeriggio ad aspettare il turno, vittime della logorrea dell’insegnante di italiano, mentre gli altri raccoglievano soddisfatti i bollini del professore di disegno o musica. Alla peggio si poteva fare un salto anche dal docente di educazione fisica, giusto per dargli una pacca sulle spalle e dimostrare che lo si riteneva un essere umano come gli altri, o addirittura da quello di religione. Opzione questa indispensabile, per le famiglie come la mia, se l’insegnante era un sacerdote verso il quale sarebbe stato insostenibilmente scortese non fare una capatina.

Tutto questo trent’anni fa. Il ruolo dei genitori negli ultimi anni ne frattempo si è dilatato ed esteso come una macchia di colore troppo annacquata che, per voler coprire tutto, alla fine non colora bene niente. Tramite telefono, sms, chat, ologramma 3d del bidello (pardon, collaboratore scolastico) sappiamo se i nostri figi non sono arrivati a scuola, pronti a tracciarne la posizione con gps e ultima connessione telefonica. Giustissimo, per carità, specie per i piccolini. Ma già dopo i sedici anni questo sistema poliziesco appare abbastanza coercitivo, senza contare che ha messo in ginocchio l’economia delle gloriose sale gioco con biliardi e videogames, nonché trasformato le partite improvvisate di calcetto in piazza in raduni di ricercati pronti alla carica delle forze dell’ordine.

I voti sono online, dietro la cortina fumosa di un nome utente e password, e ci sono genitori che ci si collegano quasi quotidianamente, generando sulle cartelle temporanee del pc curiose insalate di cookies che mescolano promiscuamente scuolaviva, amazon e youporn. Se tuo figlio va male a scuola lo sai quasi in tempo reale, e c’è qualcuno che vorrebbe le telecamere per assistere in diretta alla scena e magari saccagnare l’insegnante insensibile, che non ha capito che il proprio figlio ha un quoziente intellettivo troppo alto per ricordare i sette re di Roma,

E le file per incontrare i professori appartengono ad un passato che non ritorna. Per incontrarli, bisogna prenotarsi in rete. Magari a mezzanotte, quando si attiva la procedura online che scatena mamme impazzite tra i borbottii di papà scoglionati che l’ultima volta si sono svegliati a quell’ora per vedere Schumacher in diretta.

Sono contento di essere un papà, ma porca miseria ho completamente sbagliato il periodo storico in cui diventarlo.

Un mondo human free

È un bene che finalmente il mondo occidentale si sia reso conto, forse tardi, dell’insostenibilità ambientale del nostro stile di vita. Ripensare consumi e abitudini volte allo spreco è il primo passo per una coscienza ecologica che possa ambire a salvare il pianeta. Però le risposte, e mi riferisco al quotidiano, non ai grandi discorsi o accordi dei capi di stato, alle volte sono talmente risibili da risultare meschine.

Per esempio adesso tutti vogliamo un mondo plastic free. Bene. E contro cosa si è accanita la nostra coscienza ecologica? Contro i sacchetti della spesa. Siamo passati da un mondo in cui ci dopo aver fatto la spesa ci consegnavano dei sacchetti di plastica che riutilizzavamo per gettare l’immondizia, a un mondo virtuoso in cui facciamo la spesa in sacchetti di cotone o materiale più resistente, e poi sacchetti di plastica per gettare l’immondizia li compriamo. Solo io mi rendo conto che qualcosa non funziona?

Io ammiro l’impegno di chi vuole migliorare l’ambiente in cui viviamo, ma ragazzi, avete delle travi nei vostri occhi talmente grandi da non riuscire nemmeno lontanamente a osservare le pagliuzze in quelle degli altri. Avete bandito la carne perché gli allevamenti sono il secondo fattore di surriscaldamento globale delle temperature, poi prendete un volo low-cost ogni fine settimana per fare shopping a Londra o Praga fingendo di dimenticare che gli aerei sono il primo fattore. Avete smesso di usare cannucce di plastica sostituendole con cannucce di carta (perché se beveste dal bicchiere come umili mortali nelle foto non riuscireste a fare la boccuccia a cuoricino), perché la plastica ha generato un continente di spazzatura che galleggia sull’oceano, poi mangiate fette biscottate light impacchettate una a una perché devono mantenere la fragranza.

Non fraintendetemi, io ci credo in un mondo plastic free. È solo che credo che la vera salvezza per il nostro pianeta credo che sarebbe un mondo human free.

Spero che ritorni presto l’era della pigrizia

Cuochi. i guru dei tempi moderniLa società dei consumi si basa su quei privilegi e piaceri, piccoli o grandi, che nella loro versione più sconsiderata la Chiesa cattolica ha spesso identificato con i vizi capitali. Fateci caso: per anni il paradigma principalmente televisivo dentro il quale siamo stati abituati a inquadrare non solo divi e attori, ma anche cantanti, presentatori, uomini e donne di spettacolo è stato quello della bellezza, ma di una bellezza sensuale inevitabilmente legata alla lussuria.

Che ci piacesse o no, i nostri idoli, i nostri punti di riferimento erano spesso, inutile negarlo, persone con cui avremmo trascorso volentieri un fine settimana in un centro benessere, di quelli magari gestiti da orientali senza troppo pudori. Ora, da qualche anno a questa parte la lussuria sembra cedere il passo, arrancare, di fronte al nuovo vizio che riempie le colonne dei giornali e le cronache televisive: la gola. D’altronde il sesso è sopravvalutato, si è detto, e poi non è alla portata di tutti. Non tutti possono avere un partner corrispondente ai propri desideri, tutti possono avere una Sant’Honorè.  Ed ecco che se una volta pendevamo dalle labbra di attrici sensuali e cantanti ammiccanti, adesso il nostro cuore batte solo per chi ci spiega che il ragù deve cuocere almeno per sette ore, e che la carne non va macinata ma sminuzzata con il coltellino anche se questo richiede altre dieci ore. Il tempo non è un problema per i nuovi guru delle nostre vite, per i signori del mattarello che con uno sguardo sono in grado di comprendere il nostro subconscio e condurci verso il viale luminoso dell’insalata d’oca distesa su un letto di misticanza di stagione.

Finirà anche l’era della gola, lo so. Durerà a lungo, forse decenni, ma finalmente lascerà il posto alla vera era di pace universale, altro che Acquario: l’era dell’accidia, o come dice chi vuol farsi capire, quella dell’ozio, o della pigrizia. Basta donne sensuali che non uscirebbero con noi nemmeno se possedessimo l’ultimo caricatore di cellulare sulla terra. Basta chef persuasivi che propongono ricette che richiedono di fare la spesa in tre continenti diversi e solo per ottenere manicaretti adatti a sfamare un passerotto. A solleticare i nostri appetiti saranno i nuovi leader, che ci convinceranno a dormire dodici ore al giorno, sostituire le scrivanie con divani imbottiti e lasciarci andare all’unico vizio di cui possiamo godere gratuitamente tutti, da soli e senza passare per depravati: quello di una sana e rigenerante dormita.

Mastersleep e prova del cuscino, aspettatemi.

Il ricalcolo post cacchiata

Succede anche ai più attenti: ti attardi a leggere il nome di un via e la metti a fuoco quando ormai l’hai superata, ti rendi conto che duecento metri in auto non sono poi così tanti, dai retta ai clacson che ti strombazzano nelle chiappe e tiri dritto sbagliando la svolta buona.

E lì, inevitabilmente, parte il “ricalcolo”. Il navigatore cioè si rende conto che hai fatto una cagata, ma non te lo fa notare, sensibile com’è, e cerca un’alternativa. Tanto a fartelo notare sarà tua moglie che ti griderà contro ecco lo dicevo io imbranato testone ci farai fare tardi un’altra volta. Ma questa è un’altra storia. Il buon navigatore non si perde d’animo: può darsi che attenti alla tua vita, invitandoti a fare una inversione U sulla statale che nemmeno Villeneuve contro Arnoux avrebbe osato tanto. Può darsi che ti faccia allungare il percorso di 15 km, ma tanto ha ragione lui, sei tu l’imbecille che non ha svoltato al momento giusto. Può darsi che ti proponga di attraversare il giardino di una coppia di pensionati che stanno giocando a burraco, ma una soluzione, il navigatore, te la da.

Quanto sarebbe bello avere un navigatore anche nella vita di tutti i giorni? Una ricalcolo della cacchiate. Uno che, dopo che hai detto no al colloquio che avrebbe dato una svolta alla tua vita, ti suggerisce subito di tornare indietro e magari implorare il selezionatore di ripensarci. Uno che dopo che hai dichiarato il tuo amore alla bellissima compagna di classe, ti indica che strada fare per mantenere la tua dignità quando lei lei lo racconterà alle amiche, con le lacrime agli occhi per le risate e una mano sui fianchi piegati. Anche più semplicemente uno che ti fa recuperare con una battuta dopo che hai chiesto ad un amica di quanti mesi è incinta, per sentirti rispondere che sono tre anni che non batte chiodo e al massimo potrebbe partorire della pasta asciutta.

Insomma, un navigatore post cacchiata ci farebbe comodo. Con quella freddezza dell’algoritmo che non scoppia a ridere, non si incazza e soprattutto non va a raccontare in giro che hai sbagliato l’imbocco della tangenziale. E però no, non funziona così. Perché il navigatore ha una destinazione precisa che abbiamo inserito all’inizio, sa che deve portarci lì. Il ricalcolo delle cacchiate non potrebbe aiutarci perché nemmeno noi sappiamo di preciso dove vogliamo arrivare. Al limite sappiamo che vogliamo raggiungere una bella casa con giardino vicino al mare, ma non abbiamo l’indirizzo. Più che auto in tangenziale, somigliamo ad autoscontro che girano e si scontrano all’impazzata, finché la carica non finisce.
Provate a portarvi un navigatore su un autoscontro.

Niente da fare, tocca evitare le botte da soli e sperare che la carica duri abbastanza.

Potrebbe piovere

Fotografia di Daniele Tarozzi
Fotografia di Daniele Tarozzi, il mago del pozzangherismo

Quando ero piccolo le giornate di pioggia mi mettevano di buon umore, come qualunque cosa insolita e nuova. Gli stivali di gomma dai colori sgargianti, l’impermeabile con l’odore acre di plastica tirato fuori dal cassetto più in basso, quel fiume che si riversava davanti a casa e che richiedeva un po’ di equilibrio per saltare senza finire impantanati.

Per chi è cresciuto in una regione in cui l’acqua è solo quella del mare e che ha il coraggio di chiamare fiumi sputacchi aridi come il Galeso, un giorno di pioggia andava vissuto e goduto in ogni momento.
Era bello starsene sotto le coperte mentre la pioggia ticchettava contro le finestre, era bello quel senso di nido mentre fuori infuriava l’acquazzone, persino stare in classe con le luci accese aveva un che di strano e bizzarro.
Tutto ciò succedeva puglia oltre trent’anni fa.
Già da studente mi resi conto che a Bologna la faccenda stava diversamente. Ricordo che a metà degli anni novanta arrivai a segnare una quarantina di giorni di pioggia consecutiva. Greta era ancora di là a venire e ancora non si attribuiva all’inquinamento quella che, all’epoca, era fondamentalmente solo una grandissima rottura di palle.
E in fondo il sentimento resta lo stesso anche oggi, dopo l’ennesimo week-end i pioggia, quando ormai senti che ti sei rilassato abbastanza, quando la tazza di tè mentre fuori piove comincia a stufarti, quando va bene leggere alla luce di una lampada ma anche una passeggiata in centro senza ombrello, una volta tanto, potrebbe risultare divertente.
L’acqua fa bene, se vivo qui anziché nella mia meravigliosa regione arida è anche perché storicamente le aree più piovose sono le più ricche. Il verde che godremo questa estate sarà frutto anche di queste piogge. Non porti l’auto al lavaggio da mesi e almeno esteriormente non se ne accorge nessuno, anche se appena si entra il trucco è svelato.
Occorre farsi coraggio: il paese è invaso da un rigurgito fascista, odio e rancore pullulano nelle nostre conversazioni, un senso di ineluttabile decadenza pervade le nostre prospettive.

Ma in fondo potrebbe andare peggio.
Potrebbe piovere.