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Tutto deve cambiare perch? niente cambi…

Dapprima fermo assoluto del calcio, con assenso popolare. Poi apertura solo degli stadi a norma, e solo di giorno, e il popolo plaude. Poi apertura agli abbonati, che non si possono ledere i loro diritti, il popolo accetta convinto. Adesso si torna a giocare di sera, e il popolo si prepara al ritorno alle notturne. Non ci vuole un profeta per prevedere che, fatta salva qualche minima eccezione, tutto tornerà come prima la morte del povero Raciti. O Matarrese aveva cinicamente ragione e i morti fanno parte del sistema, o il popolo è un cretino.

Andate avanti voi

Caro Roberto,

perché mai dovrei rischiare di farmi male in Ucraina, perdere malamente un confronto con Henry, fare innervosire il mio presidente e lo sponsor, andare a prenderle da quei rudi degli scozzesi o congelarmi nel freddo polare della Lituania, quando posso starmene a casa, lasciare che altri si facciano un mazzo così per conquistare la qualificazione, presentarmi con la mia maglia numero dieci fuori forma e svogliato, segnare al massimo un rigore e vincere nel tripudio dei tifosi che invocano il mio nome?

Firmato Er Pupone.

PS. Al limite un salto alle Isole Faoer ce le faccio, Ilary non c’è mai stata…

Grazie Michael

Ha cominciato che c’era ancora Senna, la Ferrari che festeggiava se finiva la corsa e una Formula Uno che dopo gli anni della noia cominciava a interrogarsi su quelle corse così monotone.
 Ha vinto il primo titolo con una macchina che sembrava uno cartellone pubblicitario, anzi lo era, quella Benetton patchwork che serviva a vendere bluejeans. Quando ha deciso di passare alla Ferrari non tutti si sono resi conto dei rischi che si assumeva: a parte un glorioso passato, la scuderia di Maranello a metà anni novanta non offriva nessuna garanzia di risultato, e ripartire da zero per un campione del mondo non è facile (guardate che fine ha fatto Villeneuve). Ci ha messo un po’, un paio d’anni di duro lavoro, quel titolo perso per un soffio nel 97 e l’antipatico sospetto che avesse cercato di speronare la Williams, poi gli anni dei trionfi.
Con la Ferrari ha vinto praicamente un gran premio ogni tre corsi, stratosferico.
E ieri, nell’ultima gara della carriera, sembrava un papà che gioca con i bimbi, parte con un giro di ritardo, scoppia la gomma, li riprende tutti e ci manca davvero poco che non li ripassi tutti. Si ferma al quarto posto dopo un sorpasso memorabile a Raikkonen che se aveva qualche ansia sul ruolo di erede adesso ne sarà schiacciato. Tanto di cappello, Michael, dopo aver sentito a lungo i racconti di mitici di chi ha visto correre Nuvolari e Fangio, adesso possiamo dire di aver visto anche noi un campione senza tempo.
Chissà quanto ci vorrà per vederne un altro.
PS Massa, che ieri ha vinto il gran premio, è nipote di un emigrante di Cerignola. I pugliesi per vincere devono lasciare la Puglia…

Il raccomandato

Che Donadoni sia una persona cortese e perbene nessuno ha dubbi, sia quando era calciatore che dopo ha sempre mostrato classe e sobrietà.
Qualche dubbio sorge invece sulla sua furbizia, perché accettare l’incarico di allenare la nazionale campione del mondo dopo Lippi e senza avere particolare esperienza è stata sicuramente una scelta coraggiosa ma forse avventata. A parte le tre colossali brutte figure che Donadoni ha sinora raccolto, e per le quali non sempre è responsabile (certo che far esordire Semioli a Parigi, perdindirindina…), il problema è che agli occhi di tutti, me compreso, egli incarna l’odioso ruolo di raccomandato.
Un conto è che vinci scudetti, coppe dei campioni, coppe europee prima di arrivare in nazionale, come è successo per Sacchi,Trapattoni e Lippi. C’è un curriculum, ci sono risultati riconosciuti. Un conto è che mostri una lunga carriera "aziendale" come Zoff e Vicini. Ma se ti presenti dopo una stagione di campionato di serie A con una squadra di medio livello in cui per giunta sei stato esonerato, allora il dubbio che la tua amicizia con il vicepresidente della Federcalcio abbia inciso sulle scelte si fa pesante.
Neppure in Rai si è mai arrivati a piazzare un neolaureato con qualche mese di esperienza al Gazzettino di Vattellapesca a dirigere il TG1. Neppure nelle aziende padronali il rampollo di famiglia diviene subito amministratore: qualche anno al marketing o alle pubbliche relazioni gli toccano. Eppure è successo in nazionale. Di solito i raccomandati sono attaccatissimi alle loro porltrone e non vogliono sentire parlare di dimissioni. Vediamo se il ct ci smentisce o ci tocca aspettare un’altra umiliazione dalla Ucraina…

E bravo Donadoni

Tutti gli appassionati di sport prima o poi sognano di diventare allenatori della nazionale e fare un po’ quello che gli pare, scegliere i giocatori a casaccio, inventarci un modulo, mostrare la nostra fantasia e la nostra genialità. Più o meno è quello che consentono di fare molti videogiochi, con i quali ci si può divertire ad assemblare le formazioni più improbabili e disparate. Donadoni non si è accontentato dei videogiochi, l’ha fatto davvero. Posto di fronte ad una passerella estiva che doveva celebrare il trionfo della nazionale ma si è rilevata piuttosto inutile, ha scelto dei giocatori che gli stavano simpatici senza seguire alcun criterio che non fosse la sua immaginazione (non venite a dirmi che si cercano giovani per rigenerare la squadra maggiore, Liverani e Luccarelli erano giovani dieci anni fa, e poi dell’Under 21 di Gentile non c’era granché). Il risultato è stato l’umiliazione dei colori nei quali ci siamo identificati tutti qualche settimana fa: è non può dire, Donadoni, che va tutto bene, che è soddisfatto, che i ragazzi hanno giocato bene. Ammetta che è stata una bruttissima figura, una partitaccia oeganizzata male, aggravata dal comportamento incomprensibile dei livornesi (ma il genio è stato chi all’ultimo momento ha deciso di spostare la partita da Taranto, dov’era prevista, a Livorno: complimenti). Per carità, lui è in una situazione difficile, fa l’allenatore della nazionale perché nessun altro voleva ricoprire quel ruolo nel dopo Lippi. Libero di fare gli esperimenti che vuole, ma in palestra, in allenamento, in tuta. Quando si va in campo, ci si comporta da professionisti, e se si perde, per piacere, si ammettano i propri errori. Nessuna condanna, ma smettiamola con l’autoassolverci sempre e comunque…

Giustizia sportiva

Sono partito per il viaggio di nozze con la Juve praticamente in serie C, Lazio e Fiorentina in B, Milan fuori dalla Champion. Ritorno e trovo la Juve in B e le altre tre squadre con qualche piccola penalizzazione, praticamente nulla nel caso del Milan. Intanto però si invocano clamorose sanzioni nei confronti della Reggina.
Lo stile di essere forti con i deboli e deboli con i forti è molto italiota, così come quel finto buonismo che in realtà nasconde la precisa volonta di non punire mai se non simbolicamente i potenti. Fra qualche settimana ci potremmo ritrovare con la Juve campione d’Italia in Champions League, con tre Coppe Intercontinentali assegnate a tavolino da Galliani al Milan e con la Reggina radiata per sempre da tutte le forme di attività sportive, anche dalla federazione giuoco bocce: perché giustizia sia fatta.
Voglio tornare a Cuba