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Le cassiere della Coop

Fino a qualche tempo fa, ero un cliente affezionato della Coop, in particolare dei prodotti a marchio Coop. Un mio amico che venne a trovarmi mi disse che a casa mia solo i televisori non avevano il classico ogo rosso. Da qualche tempo non è più così, nel senso che i prezzi sono aumentati e gli stipendi no, con la logica conseguenza che anche per fare la spesa ho dovuto cercare punti vendita meno cari.

Però c’è qualcosa che mi manca, della Coop, e sono le signore della cassa. Hanno fatto di tutto per ridurne il numero. Prima il machiavellico Salvatempo, la pistolina a salve che se non puntata alla perfezione può farti spendere cifre imprevedibili:  eri convinto di aver introdotto il codice del sugo al pomodoro e invece hai beccato lo schermo 43 pollici più dietro. E quando ti tocca il controllo, figlio mio, sono guai. Non perché tu abbia rubato, ma perché saranno loro a rubarti almeno una mezz’oretta.

Poi, come se non bastasse,  è arrivata la cassa fai dai te, quel circuito infernale in cui se vuoi usare i buoni pasto devi chiamare l’addetto, se appoggi male il pane devi chiamare l’addetto, se non vuoi sacchetti (ma perché non vuoi i sacchetti? Se sicuro? Facile sia necessario l’arrivo dell’addetto). Nei centri commerciali portarsi il sacchetto da casa evidentemente è considerata una operazione tipica dei rapinatori e dei serial killer. Ho un sacchetto portato da casa, fate quel che vi dico  e nessuno si farà male.

Però per fortuna loro sopravvivono ai maldestri tentativi di ottimizzazione aziendale
Con quell’aria di mamma stanca che però sorride comunque quando passa la confezione di biscotti in offerta e sospira chiamando la mitica assistenza quando un codice a barre non passa. Da qualche parte nella Coop c’è un uomo o una donna pagata per conoscere a memoria il prezzo di qualunque prodotto: se la cassiera è in difficoltà, interviene lui. Non so darmi altre spiegazioni, se i prezzi fossero online ci sarebbe bisogno del mitico uomo dell’assistenza so-tutto-io. O magari hanno solo una password per accedere al database e ce l’ha lui.

Ad ogni modo, sinceramente non so se la riconoscibilità delle cassiere della Coop sia dovuta a una particolare selezione del personale, oppure se al contrario è il ruolo che in un certo qual modo ti modella come persona.
Tanto per cambiare, hanno sempre una cinquantina d’anni. Se sono più giovani ne mostrano di più, se sono più anziane ne mostrano meno. La divisa è costituita dalla maglietta rossa e dalle meches. Le cassiere della Coop hanno sempre le meches, o quel tocco di colore chimico che è praticamente obbligatorio se si hanno tra i quaranta e i cinquanta anni e si è donne. Ogni tanto c’è qualche uomo, a dire il vero, ma io evito sempre le file degli uomini. Non reggono lo stress, non gestiscono con flessibilità la gestione dei bollini, vanno in tilt se gli chiedi una ricarica. La cassa non è adatta a personalità semplici come quelle maschili, loro vanno bene alla catena di montaggio, il multitasking che richiede il ruolo di cassiera li mette in crisi.

Le cassiere della Coop invece sopportano, contano i venti euro degli anziani in monete da 10 e 5 centesimi (dove diavolo recuperano tante monetine gli anziani? Mica possono prenderle dalle fontane, con i reumatismi che hanno!). Accettano  che si lasci qualche prodotto se i contanti non bastano, ricordano di passare la carta Coop.

Mi mancano un po’, le cassiere della Coop, anche perché le ragazze del posto dove vado adesso nella metà del tempo non solo passano tutti i prodotti ma pesano pure frutta e verdura. Non perché siano più efficienti, ma perché sono più controllate dai datori di lavoro. E in parte io sono complice di questo meccanismo oppressivo.

Se divento ricco, spendo tutto in viaggi, beneficienza, e torno a fare la spesa alla Coop.

Al negozio

negozioSenso civico

In fila al panificio. Sabato mattina. Discussione tra signore diversamente giovani.
– Be’ ma cosa è successo signora mia?
– E cos’è successo…sapeste… mi han fatto la multa, mi han fatto!
– Eh!! Ma quando, quando è successo?
– Sarà successo due settimane fa… una multa…Mai preso una multa in vita mia io, eh?
– E quanto, quanto ha speso?
– Eh, quanto… 25 euri e rotti.
– Mo soccia!
– 25 euri! E perché?
– Ma perché… avevo fatto un sacco di chilometri…
– Be’ ma certo…
– Non ne potevo più, e sapete, qui dietro, proprio dove c’è l’ufficio dei vigili…
– Allora?
– E l’ho presa un po’ contromano, ma non si trova mai posto!
– Mai, mai si trova posto signora! Come ha ragione. Mai un posto!
– E io ho parcheggiato lì all’angolo, davanti ai vigili, e lei lì mi ha fatto la multa!
– Ma pensa!
– Quanto?
– 25 euri!
– Mo soccia!
– E rotti!
– Eh ma non c’hanno proprio niente da fare, dico io!
– Andare a fare le multe! Ma che vergogna, signora!
– E l’ha pagata?
– Sono entrata, di fronte alla vigilessa, che se ne stava lì a far niente, perché io non ho mai preso multe in vita mia, eh, e ho detto: devo pagare?
– E la vigilessa?
– Si, ma alla posta!
– Eh, alla posta! Alla posta! Ma che vergogna!
– Non c’hanno proprio niente da fare, eh?
– Alla posta!
– Ma quanto?
– 25 euri!
– Soccia!

Pugliese inside. Dal meccanico

– Vuole che gliela esca io?
– Ma si dai, escimela tu!

Carenze lessicali in ferramenta

– Mi servirebbero quegli anellini metallici, dal diametro di circa 9 o 10 millimetri, che posti in prossimità degli agganci delle porte ne agevolano il movimento…
– Una rondella da cardine. E che sarà mai, le serve una rondella da cardine!

Se i cookies esistessero nella quotidianità

L’uomo entrò da solo nel bar, appoggiò il gomito al bancone e si rivolse al barista: il solito per me, Jack!
Il barista esitò un attimo, finse di sciacquare un bicchiere, prese un foglio e finalmente si rivolse al cliente: informativa sulla privacy, rispose. Il mio cervello usa ricordi per profilare i clienti. Rimanendo seduto e continuando a bere tu accetti che io utilizzi il mio cervello per prepararti il cocktail. Per avere maggiore informazioni su come uso i miei ricordi, vai a leggere l’informativa completa nello sgabuzzino…

In salumeria

E comunque anche i vegani che si nutrono solo di prodotti biologici freschissimi e incontaminati, prima o poi, passano a miglior vita

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La signora Ikea contro Mister Mondoconvenienza

ikeaStiano tranquilli gli avvocati dei due gruppi commerciali citati nel titolo di questo post, i loro seguigi a caccia di articoli che minino la reputescion o anche semplicemente gli appassionati di arredamento: non ho intenzione di parlare della qualità dei prodotti di questi due fornitori. Peraltro sono un cliente piuttosto soddisfatto di entrambi, per quanto non faccia testo perché posso spaccare il capello ed essere un cliente molto esigente quando si tratta di tecnologia, ma quando si tratta di un tavolo o di un armadio per me l’importante è che stia su.

Sono le filosofie di acquisto che ruotano intorno a questi marchi che mi interessano, l’acquirente ludico e l’acquirente funzionale di flochiana memoria.

Al cliente ludico piace fare acquisti. Gli piace mettersi in macchina il sabato mattina, ritrovarsi nel traffico della tangenziale con altre centinaia di ludici come lui, forse gli piace persino il salmone che mangia durante la sua gita al centro commerciale. Gli piace muoversi tra gli ambienti colorati, scegliere il mobile di cui ha bisogno tra una sala e l’altra e nel frattempo magari comprare posate e piatti di plastica dai colori talmente vivaci che la lavastoviglie quando li vede arrivare indossa gli occhiali da sole, curiosi ciappetti che dovrebbero servire a chiudere i pacchi ma che funzionano solo in Svezia (in Italia ce ne vogliono tre per fare il lavoro di una dignitosa molletta), marmellate fuxia che di notte diventano fosforescenti (e se ne mangiate tanta in effetti potrebbe servire come colonoscopia). È risaputo che Ikea come altre catene della grande distribuzione analoghe basino una fetta rilevante del proprio business proprio su questi accessori.

Pazienza se poi occorre portarsi a casa, due piani senza ascensore, un oggetto imballato lungo due metri e spesso 40 cm senza alcuna maniglia, che pesa dannatamente e le cui tracce nella tromba delle scale allieteranno il dibattito della prossima riunione di condominio. Pazienza se alla fine di un pomeriggio estenuante l’armadio montato in casa barcolla vistosamente e vi è avanzata una mensola e tre viti. Tanto fra una settimana è di nuovo sabato e si riparte, abbiamo giusto dimenticato di comprare due lampadine.

Al cliente funzionale il prodotto serve. Punto. Ne ha bisogno, prima arriva e meglio è: se risponde alle sue esigenze, è contento. Non ha tempo da perdere, il cliente funzionale, e non è particolarmente interessato neanche alla possibilità di scegliere tra un ventaglio di alternative diverse. Il cliente funzionale si mette al computer – ma i nostalgici del mondo analogico potranno sfogliare un catalogo riportando alla memoria i bei tempi andati di Postal Market e Vestro), verifica le misure, ordina. E include nel prezzo la consegna e il montaggio, cosicché un paio di giorni dopo due omaroni suonano a casa, entrano con l’oggetto imballato lungo due metri e spesso 40 cm (ma loro sono in due, eh!), in venti minuti l’hanno montato e messo al suo posto, si sono fatti pagare e hanno salutato.

In casa mia, l’avrete capito, Mister Mondoconvenienza sono io. Per me l’idea di fare una telefonata e avere qualcuno che mi risolve il problema senza impicci è un lusso a cui non so rinunciare. Ovviamente la signora Ikea è mia moglie, che invece trova assurdo spendere qualche decina di euro per la consegna e il montaggio quando possiamo fare da noi (e usarli magari per comprare i maledetti piatti e ciappetti psichedelici). Magari in un’altra coppia le parti si invertono; oppure ci sono coppie che pascolano felici per l’Ikea mano nella mano con il carrello pieno di caramelle al lampone. Non lo so, ma ho la sensazione che l’ipotesi funzionale (o pigra, se vogliamo dirla tutta) sia molto maschile, e quella ludica molto femminile. Tranne il caso patologico di quei viri dal petto villoso che si comprano tre assi di legno e una motosega perché pensano di costruirsi la camera da letto da soli (che però mi pare una moda decisamente in calo).

PS Ovviamente i mobili potete ordinarli online o farveli montare anche dall’Ikea, così come potete visitare un negozio di Mondoconvenienza e andare a ritirare la merce al magazzino. Ma è qualcosa di intrinsecamente innaturale, come festeggiare l’addio al celibato a Parigi e andare in viaggio di nozze ad Amsterdam. Non si fa.

Top-ten dei consigli da seguire per diventare un guerriero della spesa

supermercatoNegli ultimi anni ho acquisito una discreta competenza negli acquisti nei centri commerciali. Sono un soldato della spesa, per me non c’è niente di piacevole o ludico nello shopping: è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Possibilmente in fretta.
Ho deciso di condividere un po’ di riflessioni con chi di voi, là fuori, aspira ad una carriera marziale nelle fila degli eserciti dei consumatori spietati, programmatori, cinici.
Tra i consigli non c’è il più importante: fai la lista a casa, magari con il volantino delle offerte sotto gli occhi. Si lo so, ci sono ancora degli scellerati che si presentano impreparati alle porte degli iper, “tanto poi sceglo man mano che vedo”. Ci sarà un motivo d’altronde se il mondo occidentale è in crisi.A questi consumatori di tempo e risorse non possiamo che riservare il nostro sdegno e la commiserazione di chi li osserva dall’alto delle nostre accurate liste della spesa.
10) State attenti a chi vi procede in corsia verso la cassa. Le signore anziane pagano sempre in contanti.Si portano in borsa due chili di monete da un centesimo, e potete giurarci che li contereanno tutti uno per uno prima di pagare la scatoletta per il loro gatto, mentre voi capite com’è che ad un certo punto uno può diventare un serial killer. Evitate anche i carrelli con molti vestiti: di solito l’antitaccheggio non funziona bene e una volta su due tocca aspettare l’addetto che liberi la tutina per il nipotino.
9) Molti sacchetti, molta gloria. Non è detto che dobbiate riempirli tutti, ma portatevene tanti, da casa, perché vi agevolerà nel momento in cui dovrete distribuire il bottino. Pardon, gli acquisti.
8) Il carrello sarà il vostro compagno di traversata. Sceglietevelo bene. Se cigola, o peggio ancora ha ua ruota bloccata (orrore) è meglio cambiarlo subito che sottoporsi ad una lunga agonia fatta di involontarie inversioni a U e crampi ai polsi.
7) Chi progetta i supermercati vorrebbe che seguiste l’ordine che hanno pensato per voi. I principianti ci cascano. Non noi guerrieri del carrello. Oltre alla lista della spesa, dovete avere una mappa (anche solo mentale) dei settori. Prima si comprano i prodotti pesanti (bibite, latte, libri, elettronica) poi quelli leggeri (pasta, brioches), per ultimi i freddi e i surgelati. Ho visto casalinghe sprovvedute avere crisi isteriche di fronte ad un carrello in cui il loro marito ha appoggiato il fustino del detersivo sul sacchetto delle patatine.
6) I negozi che circondano il centro commerciale sono come le palline sull’albero di Natale: fanno tanta atmosfera ma sono fondamentalmente inutili. E intercambiabili. Se proprio volete visitarli, fatelo
prima di fare la spesa. In gioielleria potrebbero guardarvi male se vi avvicinate alle vetrine con un carroarmato cigolante di sacchetti e scatoloni.
5) Il martedì e il giovedì ci sono di solito più sconti. E sapete perchè? Perché nessuno fa la spesa il martedì e il giovedì, specie al pomeriggio. Per un soldato della spesa, quello è il momento di conquistare il campo di battaglia.
4) Parcheggia fuori. Mai nel parcheggio sotterraneo. Va bene, quando piove può essere comodo, ma è la stessa cosa che pensano le mamme in suv che non riescono a fare manovra per uscire e hanno generato una coda modello A14 la vigilia di Ferragosto. Per non parlare del pensionato in Yaris che sono tre giorni che gira intorno perché non trova l’uscita, completamente rimbambito da una segnaletica perfida e maligna.
3) Non cedere alle sirene delle promozioni. Sono carine, gentili, offrono caffé gratis, spiegano raccolte punti e favolosi sconti, ma in realtà stanno lì in piedi da dieci ore e l’unico loro pensiero è mettere a bagno i calli sotto il tallone. Rubano il vostro tempo come le macchinette delle merendine in stazione gli spiccioli. Per evitare tentazioni, visto che incatenarsi al carrello sarebbe eccessivo (e inutile, visto che spingete voi), appena le individuate cambiate corridoio.
2) Salvatempo e casse automatiche sarebbero gadget interessanti, se non fosse per il rischio di dover aprire tutta la spesa davanti agli occhi infidi di un dipendente che deve controllare che non abbiate rubato gli stuzzicadenti. Il rischio di perdere altri dieci minuti è limitato, ma c’è, per cui lasciateli perdere.
1) Scegli la cassiera, non la cassa. Dipende infatti dalle capacità della cassiera se riuscirai a tornare a casa nei tempi prestabiliti, o rimarrai incollato in corsia per mezz’ora nell’attesa che qualcuno la aiuti a leggere i barcode sulle olive ascolane. Evita gli uomini. Non hanno geneticamente la predisposizione a reggere lo stress del ruolo di cassiere: si distraggono, filtrano con le altre cassiere che non li degnano di uno sguardo, si scoraggiano di fronte ad una confezione di riso rotta. Attenzione anche alle giovani: fisicamente sono preparate, ma noi soldati dell’acquisto non ci lasciamo distrarre dall’avvenenza, soprattutto perché le giovani si impappinano spesso su sconti, rostorni e punti più. La cassiera ideale è sui cinquanta, un po’ sovrappeso (nei momenti di difficoltà bruciare zuccheri aiuta il cervello) e ha i capelli in ordine. Se non sei in grado di tenere in ordine i tuoi capelli, figuriamo cosa combinerai con il mio scontrino.
Hasta la cassa, siempre!

Ma i proprietari dell’Ipad devono necessariamente essere stupidi?

Una vecchia battuta di G.B Shaw recitava “Per giocare a golf non è necessario essere stupidi. Però aiuta”.
Ebbene, a volta mi domando se i produttori di accessori per Ipad (e tablet in generale) considerino i proprietari di questi prodotti dei danarosi polli da spennare. Ovvio che il tablet è un prodotto abbastanza costoso e soprattutto rivolto ad una utenza specifica, ma questo non giustifica il fatto che tutto quello che è “for Ipad” debba costare il triplo di quel che vale. Una copertura adesivo antigraffio, venti euro. Un sacchetto in materiale sintetico che loro con molta immaginazione chiamano custodia, trentacinque euro. Adattatore per trasformare una presa accendisigari in una porta usb… Venticinque euro?
Venticinque euro?

 

Immagine tratta dal sito Apple. Copyriight Apple (c)
Immagine tratta dal sito Apple. Copyriight Apple (c)

Ma davvero stiamo dando i numer? Non cito la marca, ma vi assicuro che l’ho visto qualche giorno fa all’Ipercoop (in questo caso cito la marca perché tutti sanno che sono un cliente affezionato Coop).

Ma come si fa?
L’aspetto più divertente è che allontanandomi dal settore fighetto “proprietari ipad” a quello più proletario “proprietari di auto” ho trovato lo stesso accessorio (con anzi una funzione in più, perché oltre a due porte usb garantisce anche una porta d’alimentazione da 12v) a 8 euro. Stesso supermercato. E c’è pure scritto, più piccolino, per ipad e altri accessori tecnologici.
C’è però ua differenza: è nero, mentre quello da 25 euro è bianco.
Si, ripensandoci, forse avete ragione: se un proprietario di ipad spende 16 € di più er avere un accessorio che fa pendant, allora è davvero stupido.
PS Io ho preso quello nero, sono un modesto fruitore di Android (viva viva l’opensource)