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Dmax, la tivù per i maschietti

Immagine tratta da www.dmax.it
Immagine tratta da www.dmax.it

I dati ufficiali parlano di uno share inferiore all’1%, ma ho la netta impressione che sia destinato a crescere.
Mi riferisco degli ascolti di Dmax, un canale del digitale terrestre che ho scoperto grazie soprattutto ai commenti entusiasti di amici. Amici, ben inteso, non amiche: Dmax è un canale televisivo con un target ben individuato, quello maschile giovane adulto. Piace indifferentemente rispetto alla professione e alla scolarizzazione, anche se ho l’impressione che il pubblico più istruito lo apprezzi di più.
Quello che colpisce di Dmax non sono i contenuti, che tutto sommato sono simili ad altri canali: scienza, tecnologia, storia (Dmax è del gruppo Discovery Channel).
Quello che colpisce è lo stile della narrazione: veloce, ben strutturata, ironica. Chi guarderebbe un programma in cui i protagonisti partecipano ad aste in cui si vende il contenuto di vecchi magazzini? Eppure, se raccontato con i giusti tempi, posso assicurarvi che su Dmax può essere divertente. E chi perderebbe ancora cinque minuti di fronte al solito prestigiatore con un mazzo di carte? Ancora una volta, se vi diverte la reazione della gente piuttosto che il trucco in sè, Dmax ha qualcosa da proporvi.
Fino a quello che secondo me è il programma emblema di questo tipo di canale, che si potrebbe sintetizzare “Quanti stupidi ci sono al mondo, meno male che noi siamo superiori”: 1000 ways to die, un documentario che racconta episodi veri di morti assurde per incidente. Accanto alla docufiction (fatta benissimo, quanto abbiamo da imparare noi italiani con i nostri tristi filmati con gli stessi tre attori pubblicitari che girano in periferia di Milano decine di scene in digitale e fanno venire in mente Aldo Giovanni e Giacomo della parodia della Tv Svizzera), ci sono spiegazioni scientifiche accurate che spiegano il perché della morte. Il tutto è talmente inverosimile da divertire in maniera macraba(se un cavo ti stacca di netto la testa lo capisci che muori perché il cervello non riceve più sangue, ma lo spettatore Dmax vuole sapere dopo quanti secondi questo accade e perché).
Dmax è quello che succede se mescolate Quark a Pimp my ride di Mtv. E prima di fare gli schizzinosi, guardatene almeno dieci minuti.
PS Mi piacerebbe sapere se c’è qualche donna che segue questi programmi, finora ho conosciuto solo uomini…)

Sadotecnocrazia

Ve ne sarete accorti tutti: le poche partite di calcio dei mondiali trasmessi dalla Rai hanno due antiestetiche bande nere sopra e sotto lo schermo. Sembra di vedere un film di John Wayne. Per non parlare poi di chi dispone di televisori portatili, minischermi da sbirciare in treno o televisori da campeggio: togliere pochi millimetri a chi dispone di un due pollici è veramente crudele.
È il trionfo della sadotecnocrazia: chi non si adegua è emarginato, deriso, villipeso. Per guardare bene le partite di calcio bisogna disporre di un televisore 16:9, punto. Non bastava trasmettere in 16:9 sul satellite o in digitale terrestre, no, il sadotecnocrate gode quando il retrotecno soffre, arrancando, con i suoi dispositivi superati. Siamo solo all’inizio. Fra qualche anno, se per una volta le leggi saranno rispettate, solo chi dispone di digitale terrestre vedrà la tivù. Per gli altri sarà l’oblio, le tenebre si oscureranno suoi loro televisori ancestrali, e sadotecnocrate potrà cominciare a pregustare il piacere del passaggio successivo, quando trasmetterà solo in alta risoluzione.
Tutti gli altri potranno vedere solo la bandierina del calcio d’angolo vergognandosi della loro miseranda condizione.

La tv del cavo

La mia generazione di studenti di comunicazione (metà anni novanta, praticamente i primi) è cresciuta nel mito della televisione a pagamento, presentata da alcuni ricercatori come la panacea per tutti i mali della squallida televisione generalista. La televisione a pagamento avrebbe portato cultura, documentari, film d’autore nelle case degli italiani. In particolare, era la tv via cavo il mito di una decina di anni fa: libera da concessioni pubbliche, avrebbe rappresentato la chiave di volta per l’evelouzione della televisione tematica. Ebbene, a parte il fatto che la tv a pagamento ci ha sommersi di calcio, porno e filmoni hollywoodiani (con delle ottime eccezioni tra i bouquet di Sky), la tv via cavo, di cui sono un utente via Fastweb, si è rivelata un’autentica delusione. Come si fanno a chiedere 6 euro 6 per una prima visione? 6 euro, quando acquistare un dvd ne costa una 10, noleggiarlo 3 (anche 1,80 per 6 ore)? 6 euro, quando il digitale terrestre Mediaset presenta delle alternative valide a 4 euro? E Rai Click? Anche qui, una buona idea, quella di accedere allo sterminato archivio Rai per rivedere con piacere, per esempio, Indietro Tutta. Peccato che anche qui i prezzi siano follia pura. Davvero, questi signori dimostrano di non averci capito un cavo di concorrenza: pensano che dopo aver piazzato un cavo e una videostation in casa di un cliente, questi debba necessariamente fruire dei servizi. Un poì come i vecchi monopolisti: portiamogli la corrente, poi vedrete che consumerà. Consumare, si consuma. Peccato che il cavo serva solo a telefonare…