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Canzoni stonate

© (c) & TM 2004 Cartoon Network

Per ragioni familiari sono diventato un esperto commentatore di cartoni animati, e prima o poi potrei realizzare il dizionario “Caputo” dei programmi per piccoli.

Ultimamente ho scoperto il mondo di Cartoon Network (in chiaro visibile anche su Boing, K2 e Frisbee) caratterizzato da tratti fortemente bidimensionali, colori vivaci, umorismo che talvolta strizza l’occhio agli adulti senza scadere nellavolgarità. E’ soprattutto un fustaccio biondo (Johnny Bravo, che però con curioso atteggiamento burocratico mia figlia chiama Bravo Johnny) ad essere diventato protagonista delle mie giornate televisive. In fondo questo genere di cartoni surreali e poco realistici fa la sua più che onesta figura se confrontato con gli effetti 3d e i miliardi di investimento del cinema rivolto ai più piccoli, con un piccolo ma. Un piccolo ma rivolto alle agenzie che curano la versione italiana di questi programmi: non parlerò qui della traduzione (caso scandaloso è “Il mondo di Bo”, di cui però parlerò in un altro post perché non c’entra con Cartoon Network), ma è troppo chiedere un doppiatore intonato?

Le canzoncine che spesso riempiono questi cartoni sono infatti infarcite di stecche clamorose che non si ascoltano. Sarà che il mainstream Disney-Dreamworks ci ha abituati a cantanti professionisti, ma questi tromboni stonati proprio non si sopportano…

L’imprinting

Quando si stende e mette i piedi sul divano, so da chi ha preso mia figlia e so a chi l’ha visto fare. Le manca solo un po’ di padronanza con il telecomando, e poi sarà tutto papà. Quando va in giro su e giù per la casa con una cornetta del telefono in mano tutta presa in lunghi dibattiti e colloqui in monosillabi di fantasia, riconosco il fenomeno dell’imprinting.
Ma quando la piccola afferra una scopetta e la agita di fronte a sé canticchiando motivi immaginari, allora capisco che puoi fuggire da X-Factor, Amici e il Festival di Sanremo, ma loro ti troveranno comunque…

In biblioteca

Il giovane papà, consapevole di aver assecondato gli istinti primordiali della sua erede consentendole di sradicare innocenti fiorellini al parco e permettendole di usufruire con inaudita violenza di scivoloni, altalene, corde ed altri elementi di tortura (per i genitori ansiosi, mica per le piccole bestioline), decide che è arrivato il momento di accompagnare la piccola all’interno di uno dei suoi sacrari: la biblioteca.
La biblioteca della Sala Borsa di Bologna per fortuna offre un’ampio ambiente dedicato ai più piccoli. Piacerebbe dire che qui i fanciulli si immergono nelle pagine colorate e divertenti delle storie pensate per loro, ma la verità è che i primi gridolini sono generati da una piccola tribuna che consente all’erede di arrampicarsi e provare quindi indoor le proprie capacità di estensione e contusione esercitate nel parco. Poi ci sono sedie e tavolini su misura, e questo provoca la dignitosa approvazione di chi si è sempre domandato perché sedie e tavoli sono sempre così scomodamente enormi.
E poi ci sono i libri.
Il giovane papà ne propone vari, piccoli con le filastrocche, grandi con pagine variopinte, tenta persino con un paio di opere in tedesco finite lì perché qualche precedente avventore deve averle trasportate da chissà dove. Difficilmente però si supera la terza pagina, quella tribuna è troppo invitante. Allora il giovane papà cambia stanza, e qui c’è addirittura la possibilitò di togliersi le scarpe e gattonare tra i cuscini, la goduria raggiunge livelli parossistici. I libri si continuano ad occhiare con simpatia, forse compassione.
D’altronde, mi domando, se al centro della biblioteca per adulti ci fosse un campo di calcetto e qualche biliardino, probabilmente mi farei distrarre anch’io.
La giornata si conclude con un’altra fitta al cuore del giovane papà.
Vinto ma non domo, gioca la carta dell’omologazione culturale: tira fuori da uno scaffale dei libri che riportano immagini tratte da Shrek e Madagascar. Sono meno raffinati, meno curati, meno elaborati dei centinaia di libri che ha proposto precedentemente all’erede. Eppure stavolta fanno breccia, si arriva addirittura a sfogliarne due terzi.
Si torna a casa, la biblioteca all’erede è piaciuta, chissà se le sono piaciuti anche i libri, si domanda sconsolato il giovane papà che in un paio d’ore è invecchiato un bel po’.

Ahia che male

Il giovane papà, tra il primo e il quindicesimo anno di vita si è fatto male in praticamente ogni centimetro del proprio corpo, dalla testa alla punta dei piedi.
E se li ricorda ancora i rimproveri e le sconsolate scrollate di spalla dei genitori che lo portavano al pronto soccorso. E consapevole che qualcosa di quella naturale predisposizione all’infortunio può essere passata alla figlia, cerca di incollare ovunque orribili para spigoli dell’Ikea che quando gli stacchi ti rimane un pezzo di legno in mano (ma quando fanno i paraspigoli gli svedesi dimenticano il materiale con cui hanno fatto gli spigoli? Mah…), sparge tappeti ovunque, propone giocattoli di gomma e stoffa.
Come il padre ex-alcolista che impedisce ai figli di assaggiare lo spumante a capodanno, così io vorrei un mondo dove è impossibile farsi male. Per il momento, inciampando sui giocattoli e lanciandomi dai divani, quello che si fa male continuo ad essere io, e per una volta sono contento di incerottarmi.

Parolacce

L’altro giorno tornando a casa ho pestato una Mastella.
Queste situazioni mi fanno veramente girare i Veltroni. Se becco quel figlio di Carfagna che ha portato il suo cagnolino a fare i suoi Fini sul marciapiede, giuro che lo mando a fare in Fede. Viviamo in un paese civile, eppure ci sono queste teste di Bossi che non sono capaci di raccogliere le berlusconate dei loro animali, o fanno finta di non vederle. Che Schifani!
PS Il giovane padre si abitua a non dire parolacce per non insegnarle alla figlia

Mira o popolo

O voi, genti che non conoscete la bellezza androgena di Brandon, voi, poveri illusi che credete di poter sopravvivvere nelle vostre esistenze pigri disconoscendo i pericoli portati al mondo dalla Tricks, voi, che se pensate alle fairy pensate ad un arcipelago del nord Europa, aprite gli occhi!
Ed entrate nella realtà avvolgente delle Winxs, che già si ammanta sulle magliette, i tappeti, le bambole, i cappellini e i quaderni della gente intorno a voi. Solo così riuscirete ad avere un argomento di conversazione con una bambina dai 3 agli 8 anni. E la prossima volta che vostra figlia vi chiederà chi sono quelle signorine sui viali più estroverse che avvicinano certi automobilisti, saprete cosa rispondere.
Sono Winxs, o almeno si vestono uguali.