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Felicit?…

Tra le tante definizioni più o meno valide di felicità, c’è quella che spiega che nessuno è più felice di chi ritrova qualcosa che aveva perso. In fondo è il concetto evangelico della pecorella smarrita: più prosaicamente, ci si ripete che invece che desiderare qualcosa che non abbiamo dovremmo concentrarci sulle ricchezze che già possediamo per essere lieti. Oggi ho vissuto dieci minuti di felicità. Arrivato in ufficio mi sono accorto di essere senza portafoglio. Per carità, non porto mai contante nè ho carte di credito: ma chi ha perso la patente (a me capità una decina di anni fa) sa che tra carabinieri, motorizzazione, denunce e foglie provvisori in Italia è più facile procurarsi un passaporto falso che rifarsi una patente vera. Per cui, ho vissuto davvero il dramma della perdita, già mi vedevo in fila da qualche parte privo dei miei documenti, della mia identità, magari imbarcato in un aereo con qualche povero clandestino diretto in Romania. Invece il portafoglio era sotto il letto. Felicità. Felicità. Me lo accarezzo, ci guardo la patente sgualcita e la carta d’identità rifatta da poco, e sono felice.

È proprio vero che l’inizio e la fine della nostra vita sono segnati, ma sta a noi decidere se congiungerli con una frettolosa linea retta o goderci gli sbalzi di alti e bassi…

Alla salute

Immaginate di fare l’esame per la patente di guida: non siete granché capaci, finite contro un marciapiede, sbagliate parcheggio e non date la precedenza. L’ingegnere della motorizzazione vi guarda esitante, coglie il vostro orgoglio ferito, e vi dice: mi dispiace ma la devo bocciare. Se vuole però posso darle il brevetto da pilota.
Oppure pensate di aver concluso un anno, anzi cinque anni di liceo in cui avete studiacchiato poco e male, avete preso brutti voti e vi siete salvati sempre in extremis. Arrivate impreparati all’esame di stato, e venite bocciati. La commissione, però, dopo lunghe discussioni, decide che sì, il diploma di ragioniere non può darvelo, ma in compenso puà darvi una laurea triennale.
Praticamente è quello che è successo a certi governatori bocciati dal voto popolare e riemersi rapidamente come ministri. Come può un politico, anziché riflettere su una sconfitta (anche se di misura, anche se condizionata, anche se limitata), su un elettorato che non l’ha confermato, accettare subito una responsabilità di governo?
Può, può. Alla salute. Non la nostra, temo.