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Addormentamento

L’esperienza di giovane padre legata a numerose prove di natura sperimentale costellate di insuccessi e infortuni mi ha spinto a condividere questi suggerimenti sull’addormentamento più o meno forzato dei minori.
Partiamo con la premessa che qui si esclude l’utilizzo di sostanze stupefacenti per stordire definitivamente i giovani cucciolotti così come si è deciso di mettere al bando la pura coercizione fisica, per altro dagli esiti non sempre effiaci.
Dunque, cominciamo col suggerire di evitare di proporre troppo presto un ambiente buio: non scopriamo le carte troppo in fretta, lasciando capire le nostre intenzione alla cara bestiolina che reagirà sbarrando gli occhi come fanali di tir in galleria. Proponiamo in forma giocosa di passeggiare per le stanze, portando lentamente il tesorino in una posizione conciliante, con fermezza ma facendo ben attenzione a dissimulare i nostri obiettivi.
A seconda delle caratteristiche dell’erede, la posizione può essere frontale rispetto al genitore (posizione classica), con guancia poggiata alla spalla, oppure parallela (posizione dinamica) con la schiena del piccolo poggiata al nostro petto. In questo secondo caso, invitate il tesorino a sporgersi in avanti: dopo un po’ la fatica di tenere su collo e splle lo inviterà a più moderati intendimenti. Conclusa questa fase ci si può dirigere – solo allora – in una stanza più buia, che tanto si sarà ormai fiaccata la prima batteria difensiva dei feroci pargoletti.
Qui si abbraccia il piccolo in posizione classica di Pietà michelangiolesca, per intenderci, con un braccio dietro al suo collo lasciandogli libere le braccia (la cattività è pericolosa perché genera furiosi risvegli). Si procede dapprima con movimento oscillante: il genitore si muove sul fianco ruotando da destra a sinistra con un certo piglio. Il passaggio è fondamentale perché solo con un movimento determinato si ottengono le prime chiusure degli occhi. In alcuni soggetti è stato evidenziato un miglioramento della fase dell’addormentamento in presenza di ninna nanne prive di senso e dal ritmo piuttosto sbilenco.
A questo movimento segue quello basculante, in cui il genitore si inchina in avanti e torna indietro, facendo bene sia a non schiacciare il bebè, sia – nel caso di figliolanza ben pasciuta – a non rimetterci l’ernia. I due movimenti oscillante e basculante possono essere alternati a piacimento.
Non lasciatevi illudere dall’immobilità dei piccoli fedifraghi: sono portati spesso a barare, infatti, mostrando un’ìnattesa attitudine al movimento non appena deposti nel lettino. Solo quando la regolarità del respiro ci assicura delle loro reali condizioni, possiamo avvicinarci all’agognato obiettivo, sempre che nel frattempo non sia stato il genitore ad addormentarsi, come purtroppo documentato in alcuni casi critici.

Finalmente

Finalmente riesco a guardare la tua stanza da un’altra luce. Durerà poco, lo so, entro stasera al massimo questo spettacolo alla rovescia che si dipana sotto di me sarà dominato da una collega, il mio tempo è venuto ormai. Certo che sei proprio disordinato, hai il letto perennemente sfatto e la scrivania sommersa di giornali. Per quanto tempo i miei occhi luminosi hanno dato brio al tuo caos, alle tua vita notturna, ai tuoi orari impossibili! Avevi la capacità di elettrizzarmi e farmi sentire viva, attiva, anche se mi hai lasciato inutilmente sola per tanto di quel tempo.

E poi non ti lamentare se ho le mie incandescenze, vorrei vedere te appeso al mio posto. Comunque basta, tutti questi discorsi, queste chiacchiere, ormai è finita. Ho perso la mia lucentezza ormai. Pensavo di essere semplicemente una svitata, ora so che non è così. Mi hai stretta, sfruttata, alimentata, dimenticata. Alla fine mi hai fulminata con il tuo comportamento insensibile.
Spero solo che la prossima lampadina abbia maggior fortuna.

Alla gogna gli universitari!

La notizia è di quella che farà gioire parte della popolazione bolognese più anziana: le iscrizioni all’università, quest’anno, sono calate di oltre il 10%. Questo vuol dire meno gente che riempie le osterie la sera disturbando le repliche delle fiction, meno bici in giro che attraversano i viali e infastidiscono la circolazione, meno gente in autobus che non vuole cedere il posto, meno fila al supermercato, meno concerti musicali in centro.
Che bello: Bologna diventa sempre più Chianciano e sempre meno Barcellona.
Con una piccola controindicazione, però: chi lo racconta a quegli anziani contenti che adesso uno su dieci di loro non riuscirà più a subaffitare in nero una stanza a 500 euro?

Ogni tanto ci vuole

Buttare via la biancheria sporca in un angolo della stanza, farsi la doccia senza chiudere la cabina e sgocciolando ovunque, lasciare tracce di sapone ovunque e l’asciugamano per terra, macchiare distrattamente lo specchio e non ripulire la scia del dentifricio nel lavandino…
Non c’è niente da dire, ogni tanto una serata in albergo fa bene.

Le regole di un buon blog

Prendo spunto dal blog del mestiere di scrivere, uno dei siti che rientra nella topo ten dei miei preferiti, per affrontare il tema dell’usabilità dei blog, e fare un po’ di autocritica. A parlarne è stato niente meno che Jacob Nielsen, http://www.useit.com/alertbox/weblogs.html. per cui bisogna davvero che mi metta in riga.

 1) Mancanza della biografia dell’autore.
C’e l’ho, nel senso che ce’è. Non proprio qui, ma nel sito "madre", di me si parla, pure troppo. Forse mancano dettagli particolareggiati, ma insomma, a chi interesserebbero? Non sono mica Albano, io.

 2) Mancanza della foto.
Ci sono, ci sono. Basta cercarle. E poi io faccio lo scrittore, mica il modello.
3) Titoli poco descrittivi
E qui devo ammettere qualche carenza. In effetti i miei titoli sono più evocativi che descrittivi, ricordano un po’ quei film anni 70 con titoli simpatici che poco però avevano a che fare con il film. Che volete farci, il blog è la mia stanza dei giochi. Se non posso trasgredire qualche regola professionale neanche qui…
4) Link che non dicono dove conducono.
Be’ insomma se qualcuno di voi c’ha il click facile e poi si perde non è colpa mia. Non sono mai stato un fanatico del ‘iperlink, non comincerò adesso
5) Vecchi articoli "seppelliti".
Direi proprio di no, ho una classifica, e semmai ad essere seppelliti sono quegli articoli in fondo che non riescono ad emergere.
6) L’unica navigazione possibile è quella tramite calendario
Ancora una volta passo l’esame, si può navigare anche per argomento. E converrete con me che non esagero con gli argomenti, come fanno alcuni blogger che aprono una categoria al giorno e poi l’abbandonano dopo pochi post
7) Periodicità irregolare
Ragazzi, la giornata è fatta di 24 ore e almeno 9 se le porta via il lavoro. Dopo, quando ce la faccio, scrivo. Di sicuro non scrivo mai quando non ho niente da dire.
8) Scarsa specializzazione
E qui casca l’asino. O il sottoscritto, se preferite. Si lo so, la rete non è generalista, occore limitare gli abiti, restringere gli orizzonti. Ma io proprio non mi ci vedo in un blog di fanatici della terza stagione di Friends, o di estimatori della liquirizia, o di appassionati di ocarine artigianali. Il mondo è vasto, e non voglio privarmi del piacere di raccontarlo. Tutto.
9) Dimenticare che chi ti legge potrebbe essere il tuo futuro datore di lavoro.
Questo è veramente agghiacciante. Sembra un inno all’autocensura. In realtà, è molto più semplicemente una nota di buon senso: se insulti, offendi, aggredisci verbalmente qualcuno, devi essere consapevole che il web non è una realtà virtuale e parallela, ma un pezzo della realtà. Per cui se domani qualcuno dovesse scoprire tramite il web che sei una testa calda, potrebbe decidere di non assumerti. Questa nota è molto americana. In Italia siamo ancora alla lettera di referenze in carta filigranata, altro che ricerche su google…
10) Essere proprietari di un nome di dominio
Concludo alla grande: ce l’ho. Non so fino a quando, che coi tempi che corrono anche 50 euro all’anno possono essere una spesa superflua da tagliare. Ma mi piace avere il controllo di quello che dico, e non mi piacerebbero dei banner che reclamizzano chissà cosa che svolazzano tra le mie parole come cartacce in mezzo al prato.