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Bravo Gruppo l’Espresso

Si tratta di una delle esperienze più fastidiose che un amante di cinema possa fare. Prende il dvd nuovo di zecca, elimina la confenzione di plastica con cura sacerdotale, lo inserisce nel lettore limitando al limite il contatto con l’atmosfera… E dopo dieci minuti (di un film oltretutto bellissimo come il Divo) il disco si blocca e non ne vuole sapere di andare avanti.
Cosa fare? Il dvd me l’hanno regalato e non so in quale edicola l’hanno preso. Chiamo il servizio clienti dell’Espresso, gli spiego il caso. Mi dicono che me ne spediranno una nuova copia. In realtà non mi arriva niente, ma non posso escludere si tratti di un problema con le poste; chiamo di nuovo, e stavolta la copia arriva.
Bravi! Non posso che ringraziarli, anche se la copia, nuova di zecca, è ancora incellophanata, e spero che stavolta vada meglio.

Siamo uomini o utenza?

© Moreno Soppelsa/Photomicrostock

Venerdì 12 dicembre: c’è lo sciopero nazionale e un gran traffico a Bologna, io ho appena donato il sangue e prendo l’autobus per tornare a casa. Osservo una scena surreale.
L’autista – che non è in sciopero, perché loro si fermeranno alle 16 – non parte perché aspetta il cambio. Da 45 minuti. Chiama l’ATC ma non gli risponde nessuno.
La gente comincia a spazientirsi. Si innervosisce
Si innervosisce il vecchio balilla che quando c’era lui altro sì che le cose funzionavano, e smadonna due o tre volte contro l’autista. Si innervosisce la signora con il sacchetto della boutique chic, si innervosisce la ragazzina che ha fatto filone (ma qui si dice fughino) e vuole tornare a casa.
Si innervosisce anche la signora progressista che afferma che non è che sia la prima manifestazione che si fa a Bologna, e che non è che il giorno prima non si sapesse. Ci si poteva organizzare. L’autista le dà ragione e le spiega: lo vada a raccontare ai miei dirigenti dell’ATC.
A quel punto il colpo di teatro: un’altra autista, più anziana, è con un gruppo di colleghi sul marciapiedi e ha osservato la scena. Comincia a contestare quello che dice la signora. Poi si avvicina al collega e con fare aziendalista mormora: ti ricordo che non si deve discutere con l’utenza.
Dice proprio così, con l’utenza, poi se ne va con l’aria di chi sta per preparare un rapporto contro quell’autista sovversivo.
Io in cuor mio spero non lo faccia. Ma non voglio discutere con lei: in fondo sono utenza anch’io

W il download legale

Poi dice che uno scarica illegalmente.
Non voglio neanche aprire l’argomento diritto d’autore, anche se dovremmo chiamarlo diritto di sfruttatore
perché i legislatori, più che tutelare gli artisti, sono ossessionati dalla tutela per gli editori (e non è la stessa cosa). Però voglio raccontare che ho provato ad acquistare un paio di canzoni in mp3 dal portale di Mediaworld: in fondo, un euro a canzone circa mi pare un prezzo ragionevole. Meno ragionevole è che dopo il download il computer vada in crash (scusate l’anglismo, mi correggo: si pianta), i tre file mp3 scaricati non ne vogliano sapere di suonare perché un messaggio sui DRM (i sistemi di controllo sui diritti digitali) mi dice che sono protetti, ed io non abbia alcun modo di ascoltare la musica che ho pagato.
Magari è stato un caso sfortunato, magari è stata colpa del mio computer, magari sono l’unico a cui è successo ma così non va.
Questi orpelli – e penso anche ai cd originali che per fortuna la Sony ha smesso di produrre e che non funzionavano su alcuni supporti – dovrebbero ostacolare i pirati, e invece ostacolano i fruitori onesti. Per cui il fessacchiotto che ha pagato il suo euro per la canzone non può ascoltarla in autoradio o su un altro computer, il furbo che s’è scaricato tutta la discografia di quell’autore può distribuirla ai parenti con gli omaggi della casa.
Ma siamo uomini, o caporali?

Mi dispiace, ? occupato

La società civile si basa sulla reciproca benevolenza o, forse, tolleranza. Come prima lezione di sociologia del piffero ci siamo. Ma mentre per alcuni comportamenti vistosamente contrari alla comunità come gli omicidi o i furti ci sono i sistemi di prevenzione e repressione, contro altri, più lievi, non si può far nulla, se non sopportare. Penso ai prepotenti che non danno la predenza, ai vicini rumorosi, ai prepotenti in genere. Sono proprio bravo, ho già espresso tre o quattro concetti profondi a sufficienza per un bel saggio di sociologia culturale, dovrei capitalizzare. E poi ci sono quei comportamente di per sè insignificanti, tuttavia odiosi e fastidiosi al punto tale da farti incavolare, che ti mettono voglia di diventare asociale e dar fuoco a tutto: il principe di questi comportamenti è a mio parere occupare i posti in un luogo pubblico. Si occupavano i posti alle lezioni universitarie, con i furbastri che si portavano un quaderno senza rilegatura e distribuivano i fogli sulle tre file a loro disposizione. Si occupano i posti al mare, spargendo cianfrusaglie sulla spiaggia libera per l’arrivo, tre ore dopo, dell’amico tiratardi. Si occupano posti nelle serate di cinema all’aperto. Certo, può capitare davvero che uno vada al bagno, o si allontani per una telefonata; può capitare anche che mentre gli amici si dirigono verso l’arena chi guida cerchi parcheggio. Ma non scherziamo, sono eccezioni. La regola è quella del cafone che arriva e pretende di occupare il posto per cinque amici, con il risultato che a film iniziato cè chi sta in piedi mentre il cafone ha ancora il fazzoletto e il cappello sui posti occupati. Basta. Intraprendiamo una campagna: se qualcuno afferma che il posto è occupato, ricordategli gentilmente che non è possibile occupare luogo pubblico senza autorizzazioni, e sedetevi. Sedetevi, sedetevi, sedetevi. Se invece siete di quelli che occupano i posti…Sedetevi, ma a casa vostra. La società civile non sentirà la vostra mancanza.