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La videocamera ha un potere magico e può fare molto male

videoLa prima volta che vidi una cinepresa ero un bambino, mi sembrava un apparecchio strano che mio padre maneggiava con estrema cura, poi qualche volta c’era una grande festa e la proiezione dei “filmini”. La vidi poche volte perché non era sua, gliela prestarono, e in giro ce n’erano davvero poco. I “filmini” (nomignolo tra il riduttivo e l’affettuoso)  erano privi di audio e tremolanti, ma evocavano un mondo al di là del pannello dove c’eravamo noi, o meglio i nostri simulacri. Duravano poco ma bastarono ad affascinarmi.

L’incontro con il video vero e propri avvenne molto più tardi, verso la fine degli anni ottanta, quando apparvero nelle famiglie dei pionieri le prime videocamere vhs. Erano enormi, andavano portate a spalla, però il salto tecnologico era stato notevole. Soprattutto, rispetto al passato, si poteva sprecare pellicola senza troppi patemi. Una videocassetta vergine non era poi così costosa. La parola verginità non mi è venuta in mente a caso, fu allora che la perdemmo, che perdemmo l’idea che prima di filmare devi pensare a quello che vuoi fare, studiare la scena, avvisare i partecipanti magari, “montare in macchina” come si dice in gergo tecnico per indicare la capacità di filmare pensando già al risultato finale.

Cominciammo a filmare le nostre feste un po’ stupide, con le solite battute grossolane, lo scemo che faceva i rutti e quello che mimava gli atti sessuali. Sebbene quelle videocassette avessero una circolazione minima, già allora quell’uso mi coinvolgeva meno. A me piaceva giocare al cinema, e fu forse per questo che tra il 93 e il 96 ho coinvolto i miei amici in cortometraggi che ancora conservo da qualche parte. Ma era un giocare rispettando una sceneggiatura, una idea, rispettando i partecipanti che erano tutti consapevoli del loro ruolo. Perché la videoripresa evoca un mondo al di là dello schermo dove c’è un simulacro di noi che ci sopravvive, eternamente o quasi, non siamo noi ma su di noi ha effetto eccome. Nel 2000 la mia carriera si concluse con un’opera di quasi 4 ore, un’Heimat dovuta soprattutto alla mia incapacità, da montatore, di sacrificare quello che avevo girato.

Poi ho continuato con i video aziendali, adesso prendo in mano la videocamera ogni tanto per i comuni per cui lavoro. Di tanto in tanto riprendo anche scene familiari, ma le tengo rigorosamente per me. Le nascondo. (Anche troppo: non ricordo più dove ho nascosto la SD con i primi anni di mia figlia, maledizione). Perché quel simulacro di noi stessi non deve allontanarsi troppo da noi, dal nostro commento, dal nostro sorriso. Non troverete miei video personali, in rete, ad eccezione di qualche presentazione di libri. Ma in quel caso si recita, in fondo, il ruolo dello scrittore è un po’ come quello dell’attore.

Perché il video ha un potere magico, ruba una parte di te, la moltiplica, la cristallizza, e può ferirti. I social network (o meglio, Internet) amplificano questo potere, ma sono solo, appunto, una cassa di risonanza. La magia è nel video; non a caso foto o testi hanno molto meno richiamo virale. I ragazzi oggi hanno smartphone che fanno riprese che vent’anni fa potevamo solo immaginare, e non si rendono conto di quale arma dispongano. Una videocamera, ancora più di una fotocamera è una bacchetta magica che se usata a sproposito può fare molto male. Pensateci, pensiamoci, prima di riprendere qualcosa che potrebbe rubarci l’anima e vederla calpestata.

Nella griglia degli idioti

La mia vecchia videocamera mi permetteva di scegliere cosa mettere a fuoco, modificare i tempi di esposizione e gli stili di ripresa.

La mia nuova videocamera fa tutto da sola, riconosce persino i volti.

La mia vecchia videocamera registrava in due sole modalità, quella nuova ne ha 7 e nemmeno sui forum specializzati spiegano quali siano le differenze.

La mia vecchia videocamera aveva bisogno di almeno tre o quattro pulsanti per operare, quella nuova ne ha uno solo con cui fa tutto. La mia vecchia videocamera la gestivo con una mano, quella nuova con la punta del mignolo.

La mia vecchia videocamera riprendeva in 4/3 e 16/9, quella nuova solo in 16/9 e se hai un vecchio televisore ti arrangi. La mia vecchia videocamera aveva il mirino per risparmiare la batteria, quella nuova non ce l’ha e se non apri lo schermo nemmeno si accende. Alla mia vecchia videocamera potevo collegare microfono e cuffie, quella nuova rifiuta qualunque supporto esterno.

La mia nuova videocamera mi considera un’idiota, e io devo adattarmi ai geni del marketing che mi hanno incasellato come tale.

La Cina ? vicina…

Sabato mattina ho scoperto che le pila della mia videocamera (di quelle piccole e piatte, sembrano pastiglie e servono solo a memorizzare data e orario) era scarica. Esco per comprarne una nuova, mi avvio versi il negozio di Computer Discount ma, cosa vedo, sono ormai passate le 12,25 e i solerti dipendenti hanno già chiuso la serranda con precisione più italiana che Svizzera. Si sa come sono gli stipendiati, poca voglia e che si venda o no poco cambia; allora vado da un negoziante di hi-fi, qui c’è il professionista che deve conquistarsi il pane giorno dopo giorno, qui troverò quel che cerco, questi non chiudono mai. Infatti è aperto, ma strabuzza gli occhi quando gli parlo della pila tipo calcolatrice, siccome sono preparato all’evenienza mi sono portato dietro quella scarica, gliela faccio vedere, no no, io non ne vendo, niente. Quasi gli avessi chiesto un chilo di carciofi, magari mi avrebbe risposto meno seccato.
Sto ormai per tornare a casa, quando mi rivolgo ad uno di quei negozietti che sono apparsi come funghi negli ultimi tempi. Niente insegna, niente pubblicità: si capisce che vende un sacco di roba. Casalinghi, ferramenta, giocattoli, di tutto. E’ il negozio di una famiglia orientale, probabilmente cinese. Chiedo le pile senza troppa convinzione. Ce le ha, e me la vende a 30 centesimi. Magari fra tre giorni è scarica, ma se penso ai 5 euro che ho pagato quella di marca dal fotografo, sono comunque contento. basta una mattina in giro a capire l’origine della nostra crisi, più che decine di commentatori economici…