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La stagista sotto il bancone

Si parla frequentemente di crisi del mercato dei lavoratori, e ciò pensato l’altra mattina in un bar.
Non so se vi capita mai di osservare con attenzione dietro i banconi di un bar – succede anche con le farmacie e con i negozi di scarpe, ma i miei preferiti sono i bar – e rendervi conto di quanti strani strumenti non avete mai visto in funzione. A che servirà mai quella cassetta di plastica con il caffé in chicchi, se da anni avete da sempre visto preparare l’espresso direttamente dalla moka già macinata? E quelle sostanze fosforescenti che d’estate ballonzano in frullatori anni sessanta, saranno davvero frullati oppure servono a scacciare le zanzare? E sotto il bancone? Cosa c’è lì sotto? Cosa ci nascondono? Forse un macinacaffé arrugginito? Forse una cassa di cedrata marrone? Forse un pacco di giornali che serve a bilanciare la gamba del tavolo?
Vi starete chiedendo cosa c’entra tutto ciò con la crisi. Ebbene, l’altra mattina pensavo che precari, stagisti, collaboratori a progetto, sono come quei giornali sotto il bancone.
Non si vedono e a volte facciamo finta che non ci siano, ma senza di loro la baracca non starebbe più in piedi, e il barista dovrebbe ricordarsene, ogni tanto.

Manifesto il mio amore

Maledizione com’è tardi, ieri sera ho davvero esagerato ma quel vinello scivolava giù così bene, non mi saziava mai, e poi quel retrogusto frizzante! Sempre la stessa storia, le invito a cena, cerco di far loro bere perché si lascino andare, e poi in effetti quello che ottengo è un “Lasciami andare, adesso. È tardi devo tornare a casa mia”. Contro ogni legge della fisica e della biologia quel vinello sembra essersi depositato tutto sulla mia nuca, ogni volta che provo a muovere la testa le bollicine si agitano e mi esplodono tra gli occhi. Proprio oggi che il capo divisione ha deciso di accompagnarmi all’appuntamento con il più grosso cliente che mi sia capitato negli ultimi mesi, proprio oggi.
Bionda, sensuale, longilinea e provocante, Milly mi sorride come ogni mattina in fondo al viale sotto casa mia, prima che svolti a sinistra e mi incolonni nella lunga fila prima del semaforo. È bella, Milly, con quel suo sguardo felino, aggressiva, audace, tutte le volte che la osservo vorrei portarmela via con me, per sempre, strapparla da quell’angolo in cui se ne sta gioviale e sorridente. Ingrano la prima, la coda sembra muoversi, con uno scatto sulla destra supero un paio di utilitarie sonnolente, supero il semaforo, riacquisto la posizione e balzo di nuovo sulla sinistra per svoltare, in effetti non avrei la precedenza ma prima che quello di fronte se ne possa accorgere sarò già cento metri in là.
Me lo sono lavorato per mesi questo cliente, con visite, demo, telefonate, l’ho persino invitato a cena in ristorante con la scusa di fargli assaggiare la nostra cucina locale. L’assaggio gli è piaciuto eccome, mi ha svuotato la carta di credito aziendale e mi ha fatto litigare con l’ufficio amministrativo. Poi, sul più bello, quando la firma è ormai ad un passo, ecco che quello sbruffone del capo divisione decide che mi accompagnerà dal cliente, lui che non si muove dalla sua scrivania se non per molestare le segretarie con il suo umorismo pecoreccio.
Samantha è più sexy che mai quando la incontro sul lungo rettilineo in discesa, se ne sta addirittura con le gambe aperte incurante della scuola elementare di fronte, l’adoro proprio perché è così sfacciata, così maleducata. Mi sforzo di memorizzarne i lineamenti mediterranei, le forme procaci, devo sforzarmi per ruotare il collo e gustarmi fino all’ultimo il suo sorriso. Ma che fai, idiota, frenare in questo modo è da assassini, per fortuna ho il riflesso giusto, scalo in terza, pedale sul di freno, colpo di volante (benedetto sia l’inventore del servosterzo) ed ecco che mi affianco sulla destra al furgoncino contro il quale stavo per stamparmi e lo supero in agilità.
Ormai non manca molto, riuscirò quasi ad essere puntuale. Ciao carina che sei, non ti avevo notata ieri, devi essere una nuova arrivata, bellino quel pizzo, davvero intrigante, mi piacerebbe tanto essere al suo posto…Che diavolo, quando vorresti fermarti un attimo il semaforo è verde…Pazienza, dolcezza, ci vediamo dopo, tanto non credo che ti scollerai di lì tanto in fretta. Prima seconda terza quarta, progressione fenomenale per una station-wagon, non c’è che dire. Il portatile sobbalza sul sedile posteriore e quasi si capovolge, devo stare più attento, se si rompe addio contratto, addio cliente, addio lavoro.
Ormai sono in dirittura d’arrivo, un paio di curve, un incrocio dove non c’è mai nessuno tranne Jenny, la mia preferita, e sono in ufficio. Sto volando, cavolo se volo, ormai non sento neanche più il mal di testa, ecco Jenny, tesoro come stai, scusami ma ho fretta, certo però che uno sguardo a quel tuo meraviglioso completo intimo in seta nero proprio non te lo posso negare, sei meravigliosa, meravigliosa, così bella, così grande, grande, grande, così da vicino non ti ho mai vista, così eccitante, così vicina a me, sto volando verso di te, perdo il controllo, finisco contro la pubblicità di uno yogurt…

Sipario.

– Mi scuso per il terribile ritardo, non so che dirle. Sono sicuro che saprà perdonarmi quando le proporrò la nostra nuova gamma di servizi ad elevato valore aggiunto che coprono a 360° il mercato…Il mio collega? Oh, ha avuto un contrattempo, non si è potuto presentare in ufficio, a dire il vero non so ancora dove si sia cacciato. Questi giovani! Averla, la loro energia. In ogni caso ho qui una copia del contratto, se vogliamo consultarla insieme…

Ambulanza Nazionale

Il senatore di Alleanza Nazionale si è fatto trasportare in uno studio televisivo direttamente in ambulanza. L’unico modo per non fare tardi, in una città bloccata per il traffico legato alla presenza di Bush.
Non è stato scoperto attraverso un’intercettazione telefonica, un collaboratore pentito, un infermiere incavolato. No no, l’ha detto lui stesso, divertito, in televisione: un vecchio trucco da giornalista, ha spiegato. E noi che pensavamo che il peggior segno dell’inciviltà dei politici fossero le auto blu che sfrecciano nelle corsie preferenziali. Roba d’altri tempi, ormai siamo alle autoambulanze blu.
Al senatore il caloroso ringraziamento dei malati che della sua ambulanza avrebbero avuto bisogno sabato mattina.

La Cina ? vicina…

Sabato mattina ho scoperto che le pila della mia videocamera (di quelle piccole e piatte, sembrano pastiglie e servono solo a memorizzare data e orario) era scarica. Esco per comprarne una nuova, mi avvio versi il negozio di Computer Discount ma, cosa vedo, sono ormai passate le 12,25 e i solerti dipendenti hanno già chiuso la serranda con precisione più italiana che Svizzera. Si sa come sono gli stipendiati, poca voglia e che si venda o no poco cambia; allora vado da un negoziante di hi-fi, qui c’è il professionista che deve conquistarsi il pane giorno dopo giorno, qui troverò quel che cerco, questi non chiudono mai. Infatti è aperto, ma strabuzza gli occhi quando gli parlo della pila tipo calcolatrice, siccome sono preparato all’evenienza mi sono portato dietro quella scarica, gliela faccio vedere, no no, io non ne vendo, niente. Quasi gli avessi chiesto un chilo di carciofi, magari mi avrebbe risposto meno seccato.
Sto ormai per tornare a casa, quando mi rivolgo ad uno di quei negozietti che sono apparsi come funghi negli ultimi tempi. Niente insegna, niente pubblicità: si capisce che vende un sacco di roba. Casalinghi, ferramenta, giocattoli, di tutto. E’ il negozio di una famiglia orientale, probabilmente cinese. Chiedo le pile senza troppa convinzione. Ce le ha, e me la vende a 30 centesimi. Magari fra tre giorni è scarica, ma se penso ai 5 euro che ho pagato quella di marca dal fotografo, sono comunque contento. basta una mattina in giro a capire l’origine della nostra crisi, più che decine di commentatori economici…