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L’ansia prospettica

Tutti i genitori prima o poi scoprono di coltivare un po’ d’ansia nei confronti dei figli, di ciò che può succedere loro, del futuro.
Si va dagli apocalittici, che sconsolati ripetono che i loro bambini non vedranno l’alba del trentesimo anno perché il mondo finirà prima per via dei riscaldamento climatica, agli iperigienisti, che lavano e disinfettano tutto ciò che è a tiro del pargolo e lo rivestono di mascherina e guanti se proprio si rende necessario un contatto con l’esterno. Io non appartengo a nessuna di queste categorie, certo il succhiotto lo sciacquo se cade per terra, ma non sono troppo ansioso sul presente, e neanche sul futuro prossimo. Quello che mi mette in crisi è il futuro più lontano.
Che ci sarà, non sono mica apocalittico.
Però, sarà colpa della letteratura e del cinema di cui mi nutro o forse della mia formazione, le domande che mi pongo io sono: ma non è che partendo dal capellino firmato di Winnie da Pooh non arriviamo dritto dritto alle Winx e quindi al “papà voglio le scarpe di Prada”?
Non è che tutti questi pannolini imbottiti le faranno venire un sederone grosso così (a me piacciono le fat bottom girls ma non è detto che piacciano a lei)? Non è che a furia di sentire i discorsi del papà, per imitazione ed esagerazione, mi salta fuori un’anarchica inserruzionalista? Oppure, peggio ancora, per differenza, una clerico fascista? Mentre facevo zapping l’altro giorno, non avrà mica visto per caso Emilio Fede? No, eh? Perchè a questa età sono delle spugne.
Pochi minuti di TG4 adesso possono voler dire fra vent’anni: “Mi consenti, papà, cribbio! Anche se tu remi contro, io scendo in campo e vado a fare il provino per veline”
A quel punto la fine del mondo anticipata sarebbe una soluzione preferibile.

Il cliente infedele

Chi si occupa di marketing sa benissimo cos’è la fidelizzazione. In parole povere si tratta di rendere il cliente un “fedele” di un prodotto, un acquirente abituale.
Si ottiene ciò curando il post-vendita, con raccolte punti, con pubblicità che devono confermare al cliente di aver fatto la scelta giusta. Se poi si tratta di prodotti così cari da non poter permettere un acquisto reiterato nel tempo (tipo una BMW) allora il cliente fedele è quello così contento da fare comunque pubblicità a colleghi , parenti e amici.
Io per esempio compro quasi tutto di marca Coop (tranne le lamette, lo shampoo e qualcosa che adesso non mi sovviene).
Detto questo, l’altro giorno ho pensato a quanto debba essere frustrante per gli esperti di marketing dei prodotti per l’infanzia la consapevolezza che il loro cliente inevitabilmente uscirà fuori dalle loro griglie per… motivi anagrafici. Fidelizzato o no, prima o poi il bimbo smette di portare il pannolino. E dopo i primi sei mesi lascia il carissimo latte 1 e passa a quello “crescita”, più abbordabile. E anche se fidalizzi i genitori, al massimo riesci a replicare il successo una, due volte.
Sarà per questo che Mellin se ne frega altamente di me in quanto giovane papà e distribuisce il suo latte a casaccio, con prezzi come capita e senza il benché minimo rispetto del cliente? Un altro paio di mesi e li mollo, altro che.
Passo al latte crescita coop…

Come si scrive una fiction – terza puntata

Siamo arrivati alla terza puntata, e possiamo occuparci dei comprimari, degli attori di secondo piano.
Facendo riferimento al protagonista abbiamo già detto che incontrerà una donna bellissima che si innamorerà di lui praticamente in ogni puntata.
Poi ci sarà l’assassino, l’unico ruolo per il quale non ci sono preferenze di genere, con l’unica eccezione di evitare se possibile assassini anziani. Le fiction le guardano soprattutto i vecchi, e non vorrete mica mettere strane idee. I boss di terza età sono sempre saggi e prudenti, sono le nuove leve che fanno le ammazzatine, tenetelo presente. E poi un assassino vecchio è patetico.
Tutto ciò riguarda personaggi che appaiono in un singolo episodio; ma siccome nella fiction poliziesca ci sono anche elementi seriali, vediamo di disegnare anche quelli. Gli assistenti dell’eroe maschio sono quasi sempre maschi anche loro, però una donna in gamba non guasta, specie se mette un po’ di pepe sulla guerra dei sessi e se soprattutto è un po’ innamorata anche lei dell’eroe superfigo.
Poi ci vuole uno zuccone, di solito di grado inferiore, che con la sua lentezza di compendonio metterà in luce quanto sia astuto invece il protagonista, che capisce tutto e glielo deve spiegare.
Se la vostra fiction strizza l’occhio alla commedia, come succede spesso, ci vorrà anche la macchietta: il personaggio ridicolo messo lì solo per far ridere. La macchietta non viene quasi mai coinvolta dalle storie, è un usciere, un portiere, un collega particolarmente stupido e ripetitivo nelle sue gag. Al pubblico piacciono le ripetizioni, abituatevi ad accontentarlo.
Se volete, poi, potrete inserire il deus ex-machina. Personaggio odiato dagli scrittori seri, è invece uno strumento essenziale per gli sceneggiatori dimezza tacca perché risolve un sacco di problemi. Il deus ex-machina è un personaggio quasi sempre simpatico che sa tutto di tutti: una anziana pettegola, una parrucchiera, un autista. Un personaggio quasi sempre di umili origini che però dà all’eroe quel dettaglio, quell’osservazione che gli permette di risolvere il caso. Il deus ex-machina è uno stratagemma per uscire da storie complicate e risolverle in quattro e quattr’otto. Non siate snob, potrà esser comodo ricorrervi; magari non tenetelo nella squadra ufficiale, ma usatelo solo negli episodi che servono.

La delicatezza dell’operazione

Le mani sono importanti.
Dalla loro stabilità e fermezza dipende il buon esito dell’operazione.
Un po’ di esercizio non guasterà: per esempio è un buon allenamento andare in bicicletta trasportando sui palmi precedentemente oliati alcuni grossi meloni. In fase di decollo è poi importante il silenzio assoluto, e la capacità di sollevarsi con estrema lentezza. Un qualunque movimento brusco può precludere il buon esito dell’impresa.
Se non siete in grado di sollevare un bilanciere tenenedolo perfettamente in bolla (ci sono degli utili strumenti per muratore per misurare l’inclinazione) non provateci nemmeno.
Lo spostamento è di solito la parte più facile, spceie se breve, anche se un eccesso di fiducia da parte di alcuni avventati ha prodotto sbalzi, smottamenti e conseguenti fallimenti. L’unico aspetto da tenere a mente in questa fase è il cruciale bilanciamento del baricentro, che deve essere sempre perfettamente equilibrato l’atterraggio, al contrario è il momento topico. Qui si misura il valore dell’uomo.
La manovra va preparata in partenza, onde evitare di ritrovarsi dal lato sbagliato della pista. Bene le mappe e gli schemi, ma è necessaria anche un po’ di pratica con una bacinella stracolma di acqua bollente. Altro dettaglio essenziale è la temperatura: una differenza superiore al grado manderà all’aria ogni presunzione di portare a termine la missione. La pista di atterraggio deve necessariamente essere riscaldata in anticipo.
E poi finalmente si scende, piano, con estrema dolcezza, ci si mantiene sospesi a pochi centimetri dal traguardo, poi il contatto, secco, deciso. Ecco fatto. Avete messo il piccolo a letto. Se siete stati bravi, girerà il capo e continuerà a dormire. Se avete sbagliato qualcosa, entre cinque secondi aprirà gli occhi e vi griderà in faccia tutto il suo disappunto.
Avete fallito.

Top-ten delle scuse se non l’avete cambiato in tempo

10 – Ha fatto la cacca? Pensavo che quella verde fosse crema idratante!

9 – Ha fatto la cacca? E io che credevo che quest’odore fosse un tuo nuovo piatto etnico…

8 – Mi dispiace, il codice etico della mia azienda me lo vieta

7 – Incredibile, l’ho cambiato due minuti fa!

6 – Ho letto su un libro che non bisogna cambiarli subito altrimenti si traumatizzano

5 – Scusami ma quella lezione del corso pre-parto l’ho saltata

4 – È stato il piccolo a chiedermi di non cambiarlo. I loro sguardi sono molto comunicativi, sai?

3 – Non volevo privarti di questo momento di intimità

2- Sei proprio sicura che il pannolino che gli hai messo tu fosse pulito?

1 – Tesoro, non ha fatto la cacca. Quello è appena l’aperitivo. Aspettavo la portata principale