Archivi categoria: Personal Edition

Mercatone zero

© Moreno Soppelsa/Photomicrostock

Uno poi si domanda come mai l’economia italiana sia in crisi e i nostri mercati siano colonizzati dagli stranieri. Mi è capitato l’altro giorno di entrare in un negozio Mercatone Uno alle 12,30. So che al contrario di altri grandi magazzini non fanno orario continuato, ma ho pensato che in mezz’ora avrei avuto modo di fare gli acquisti di cui avevo bisogno. Sono un consumatore funzionalista: non amo gironzolare, punto dritto al prodotto.

Errore imperdonabile: in meno di 30 minuti gli altoparlanti hanno annunciato 7 volte la chiusura del negozio, con voci sempre più ansiose e animose. Ad un certo punto ho temuto che stessero per attivare Hal8000 pronto ad annunciare l’autodistruzione del negozio entro pochi secondi. Addirittura una commessa ad un certo punto ha bloccato la porta per evitare la scellerata evenienza che qualche cliente entrasse fuori orario. In un ambiente così sereno ho deciso di non acquistare niente. E lo stesso devono aver pensato gli altri tre (Tre! Di sabato!Questo si chiama successo).

Non è colpa certo dei commessi che hanno diritto alla pausa e probabilmente sono pagati poco, ma certo se la prossima volta andrò nella solita catena di provenienza nordeuropea, avranno ancora meno clienti da cacciare per fare pausa…

Nuovo romanzo in cantiere (anzi, in arsenale, che mi piace di più)

A chi mi chiede se “Bello dentro, fuori meno” avrà un seguito finora ho risposto nicchiando. Ci sto lavorando, dicevo. Adesso penso di poter cominciare a scoprirmi. Nel secondo semestre dell’anno infatti dovrebbe andare in stampa, incrociando le dita, il mio secondo romanzo. Non è un seguito di Bello dentro: pur mantenendo uno stile fortemente orientato all’ironia e all’umorismo, il prossimo romanzo infatti ha la pretesa di uscire dal genere “comico”, un po’ troppo rigido per i miei gusti, per esplorare nuovi terreni. Ci sarà molto sud e molta adolescenza: sembra che io l’abbia fatto per sfruttare una moda, ma a dire il vero la struttura di base risale a quasi dieci anni fa. Di recente l’ho solo rimaneggiata per eliminare alcune ingenuità e alcuni autobiografismi fuori luogo. La parola a questo punto passa all’editore, ma sono fiducioso. In autunno dovremmo avere il libro (che stavolta, anche come spessore, sarà più “sostanzioso”). Mentre voi aspettate comincio a pensare al terzo…
PS Il titolo per scaramanzia non lo svelo. Per ora.

Esce “Buia è la notte” volume secondo

C’è aria di novità e le prospettive per l’anno nuovo sono buone. Intanto ringrazio tutti coloro che hanno partecipato alla presentazione di venerdì 28 novembre presso il Similaun di Bologna. Sarà stato il clima conviviale, sarà stata l’aria di festa, sarà stato il vino, ma mi pare che ci siamo proprio divertiti. Venendo alle novità, Nonsoloparole Edizioni ha pubblicato “Buia è la notte”, volume secondo, una raccolta di racconti in cui un gruppo di autori hanno provato a narrare la notte. Racconti scuri, a volta cupi, a volte durissimi, a volte emozionanti. Io ho contibuito con il mio racconto “Il richiamo”

Buon 2006!

Si può concludere un anno in una casa presa in prestito dotata soltanto dei confort, come dire, essenziali, immersa nell’umidità della campagna martinese, giocando a birilli, ciclotappo e discutendo sulle modalità di funzionamento di un caminetto (considerando il clima tarantino, gli esperti o presunti tali sono veramente pochi), e divertirsi un sacco ?
Si può (giudicate dalla foto) se lo si conclude con lo stesso branco di amici con cui si è cresciuti e si sono trascorsi i primi capodanno fuori di casa a diciott’anni, quando si cercava di restare svegli solo per infrangere un record, quando presi dall’euforia si lanciava un razzo direttamente nel balcone del vicino di casa, gli stessi amici con cui si è provata l’ebrezza del veglione (ormai siamo grandi) con conseguente intossicazione alimentare. Certo c’è qualche capello bianco (laddove i capelli ci sono ancora), la tradizionale partita a calcetto di fine d’anno è sempre più fatta di gomitate e mestiere, abbiamo tutti la macchina e il cellulare, c’è qualche new entry, ma insomma, la capacità di divertirsi insieme è rimasta la stessa.
Prima che questo articolo assuma una deriva malinconica che non mi piace ricordo che per la cronaca i giochi sono stati vinti dai Preamboli che hanno superato i Paperi Gialli e Alessio, che l’organizzazione è stata impeccabile e che l’anno prossimo se qualcuno calpesta i miei pannelli lo caccio via a calci nel sedere.

Buon 2006

Attendere prego

Il classico per eccellenza è Per Elisa, monofonica, ossessiva, stridula, con quel picchiettare del pianoforte meraviglioso nella versione originale ma irritante quando si aspetta al telefono e si è già alla terza ripetizione; anche le Quattro Stagioni di Vivaldi sono molto diffuse (quasi sempre la primavera, d’altronde gli stacchetti durano una decina di secondi e non c’è posto per tutti), mentre i fanatici del pop raffinato preferiscono Elton John di "Song for Guy".
Sto parlando delle segreterie telefoniche, quelle musiche intervallate da i vari "attendere prego" e dai demenziali "non metta giù, adesso (per carità!) per non perdere la priorità acquisita" che le aziende scelgono per mettere in attesa i clienti, tanto più insopportabili quanto più lunga è l’attesa.
La mia preferita è Sultan of Swings dei Dire Straits. Anzi, la mia preferità in assoluta è quella che non faccio in tempo a sentire perché mi rispondono subito: ma questo succede sempre più raramente, purtroppo.

Cose che non vedremo…

Oggi c’è stata un eclissi anulare di sole. Significa che la luna si è posta sulla traiettoria tra noi e il sole oscurandone una parte. Il punto di migliore visibilità in Italia è stato Cagliari con l’84% della superficie visibile del sole coperta). Credo che l’abbiano vista in pochi: qui a Bologna il cielo è coperto da una coltre spessa di nubi che rendono la città allegra come un film horror svizzero anni 70. Ma quante cose non vediamo, o non vediamo più? Non vediamo più Biagi, Luttazzi e Santoro, non vediamo più il teatro in televisione, non vediamo più i giocatori che esultano sotto la curva, non vediamo più un sacco di amici perché abbiamo troppo da fare, non vediamo quello che sta succedendo a Togo dove si stanno sgozzando per motivi politici perché ci interessa di più sapere con chi se la spassa la Hunzikher.
Domani, o fra qualche giorno le nuvole se ne andranno. Ma l’eclissi l’abbiamo persa per sempre, insieme a tante altre cose importanti…

Felicit?…

Tra le tante definizioni più o meno valide di felicità, c’è quella che spiega che nessuno è più felice di chi ritrova qualcosa che aveva perso. In fondo è il concetto evangelico della pecorella smarrita: più prosaicamente, ci si ripete che invece che desiderare qualcosa che non abbiamo dovremmo concentrarci sulle ricchezze che già possediamo per essere lieti. Oggi ho vissuto dieci minuti di felicità. Arrivato in ufficio mi sono accorto di essere senza portafoglio. Per carità, non porto mai contante nè ho carte di credito: ma chi ha perso la patente (a me capità una decina di anni fa) sa che tra carabinieri, motorizzazione, denunce e foglie provvisori in Italia è più facile procurarsi un passaporto falso che rifarsi una patente vera. Per cui, ho vissuto davvero il dramma della perdita, già mi vedevo in fila da qualche parte privo dei miei documenti, della mia identità, magari imbarcato in un aereo con qualche povero clandestino diretto in Romania. Invece il portafoglio era sotto il letto. Felicità. Felicità. Me lo accarezzo, ci guardo la patente sgualcita e la carta d’identità rifatta da poco, e sono felice.

È proprio vero che l’inizio e la fine della nostra vita sono segnati, ma sta a noi decidere se congiungerli con una frettolosa linea retta o goderci gli sbalzi di alti e bassi…