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Il videotelefono non va…

? un dato sotto gli occhi di tutti: nonostante le spese per campagne pubblicitarie pari al pil di mezza Africa, nonostante una capillare rete di vendita, nonostante le offerte speciali, i paghi uno prendi due, i presentaci un amico e portati via sto pezzo che c’ho il magazzino pieno, i videotelefonini in Italia fanno fatica. Problemi della congiuntura economica? Non credo, la gente compra biscotti bulgari al discount ma all’elettronica non rinuncia. Scarsa qualità, problemi di connessione? Forse, ma anche i primi gsm perdevano il campo ogni dieci metri, eppure furono un successo. E allora? Io ho alcune idee a riguardo. Mettiamo che ci sia un buon 20% dei non utenti che non compra i videotelefoni per il prezzo. Dico per dire, come dato mi sembra pure eccessivo. Gli altri? Intanto, riflettiamo sull’ovvio: con i videotelefonini ti vedono. E questo esclude dal mercato tutti gli utenti timidi ( e timide, nessuna delle categorie è appannaggio di un sesso) che usano il cellulare solo per gli sms, gli impiegati di banca che inviano messaggini di fuoco alle segretarie e le casalinghe che riaccendono il menage con un po’ di tvtb sn t prndm tt al consorte. Diciamo un 10%. Poi c’è un buon 30% di farfalloni esclusi dal mercato: quelli che chiamano gli amici da Ostia per raccontare di essere ai Caraibi, quelle che dicono di essere impegnate in ufficio fino a tardi e invece sono a spasso con l’amante, quelli che si presentano come professor dottor esimio e c’hanno l’ufficio ricavato in uno scantinato. Ovviamente il video è escluso per tutti loro. Poi ci sono i perfettini, un altro buon 10% a mio parere: sono quelli che si cambiano e si pettinano anche per andare a buttare la spazzatura. Per loro, l’idea che qualcuno possa chiamarli senza preavviso e vederli (orrore!) con gli occhiali e senza fondotinta è semplicemente angosciante. Ma il grosso, almeno il 55% dei non utenti italiani è rappresentato dagli “itagliani”, i trasgressori della domenica, quelli che amano sembrare fuorilegge ma senza esagerare. Sono quelli che usano il cellulare in macchina senza viva voce: sanno che è rischioso e scorretto, lo fanno, ma non arrivano al punto di guidare guardando il video sbiadito con la faccia del cliente. Sono quelli che ostentano: una volta avevano il cellulare legato alla cinta (ricordate?) ora sono passati alla cuffia bluetooth, ma il videotelefono non li convince; come si fa a guardare contemporaneaente lo schermo e la bionda in fila alla posta?
Personalmente appartengo all’ultimo 5%, gli attendisti: quelli che amano la tecnologia ma aspettano che maturi. Quelli che hanno visto il laser disc ma hanno aspettato pazientemente il dvd; quelli che hanno aproffittato della nascita degli schermi al plasma per comprarsi un 28 pollici tradizionale a 300 euro; quelli che aspettano seduti sulla riva del fiume che il commerciante avido dall’altra parte abbassi i prezzi…

Mi dispiace, ? occupato

La società civile si basa sulla reciproca benevolenza o, forse, tolleranza. Come prima lezione di sociologia del piffero ci siamo. Ma mentre per alcuni comportamenti vistosamente contrari alla comunità come gli omicidi o i furti ci sono i sistemi di prevenzione e repressione, contro altri, più lievi, non si può far nulla, se non sopportare. Penso ai prepotenti che non danno la predenza, ai vicini rumorosi, ai prepotenti in genere. Sono proprio bravo, ho già espresso tre o quattro concetti profondi a sufficienza per un bel saggio di sociologia culturale, dovrei capitalizzare. E poi ci sono quei comportamente di per sè insignificanti, tuttavia odiosi e fastidiosi al punto tale da farti incavolare, che ti mettono voglia di diventare asociale e dar fuoco a tutto: il principe di questi comportamenti è a mio parere occupare i posti in un luogo pubblico. Si occupavano i posti alle lezioni universitarie, con i furbastri che si portavano un quaderno senza rilegatura e distribuivano i fogli sulle tre file a loro disposizione. Si occupano i posti al mare, spargendo cianfrusaglie sulla spiaggia libera per l’arrivo, tre ore dopo, dell’amico tiratardi. Si occupano posti nelle serate di cinema all’aperto. Certo, può capitare davvero che uno vada al bagno, o si allontani per una telefonata; può capitare anche che mentre gli amici si dirigono verso l’arena chi guida cerchi parcheggio. Ma non scherziamo, sono eccezioni. La regola è quella del cafone che arriva e pretende di occupare il posto per cinque amici, con il risultato che a film iniziato cè chi sta in piedi mentre il cafone ha ancora il fazzoletto e il cappello sui posti occupati. Basta. Intraprendiamo una campagna: se qualcuno afferma che il posto è occupato, ricordategli gentilmente che non è possibile occupare luogo pubblico senza autorizzazioni, e sedetevi. Sedetevi, sedetevi, sedetevi. Se invece siete di quelli che occupano i posti…Sedetevi, ma a casa vostra. La società civile non sentirà la vostra mancanza.

Basta con queste card!

C’è stato un periodo non troppo lontano in cui nel nostro portafogli oltre al denaro più o meno abbondante c’era spazio per la carta d’identità, la patente e un calendarietto regalatoci da un orfanotrofio o da una associazione benefica, di quelli con le date scritte piccolissime e i bordi contrassegnati dai centimetri, nel caso qualcuno avesse voluto usarlo come righello (l’ingegnosità di una volta!). Poi sono arrivate le carte di credito, che però gli italiani tengono, quando le hanno, chiuse in cassaforte; molto più spesso invece si teneva il bancomat. E fin qui, tutto normale. Poi qualcosa è accaduto. Non lo so, forse è crollato il prezzo dei supporti di plastica. Forse la mania di raccogliere dati ha coinvolto tutti (capisco che il supermercato sia interessato ai miei acquisti, ma la lavanderia? Cosa mai può coprire una lavanderia, che tendo a sporcarmi facilmente il fondo dei pantaloni e le maiche della giacca? Ci fanno del marketing incrociato con questi dati?). Insomma, hanno cominciato a riempirci di card: quella della catena di noleggio dvd (la paeggiore, perchè il giorno che la prestate alla vostra ragazza scopre un buon numero di film che non ricroda di aver visto con voi, e quasi tutti dello stesso genere), quella del centro commerciale, quella della libreria, quella del cinema, quella del parrucchiere, quella da socio Coop, e ancora quella del circolo sportivo,del ristorante, del bar, del corso serale e dell’outlet. Giuro, non invneto niente, per ognuna di queste categorie almeno uan tessera è transitata per il mio sventurato portafogli. Senza contare quelle più tradizionali, come il tesserino sanitario, quello dell’ordine, del sindacato o del codice fiscale. Ogni volta che prendo un caffé devo cercare tra una ventina di card diverse per avere diritto al 5% di sconto, o per vincere dopo tre milioni di spesa un trita agrumi. Basta. Dateci un taglio. Il grande fratello era un incubo, tanti grandi fratellini sono una rottura di scatole…

Ecco il colpevole

Dietro un libro c’è la passione, l’intelligenza e il talento di chi lo scrive; ma anche e soprattutto la passione, l’intelligenza e il talento di chi lo pubblica. Perché di scrittori ce ne sono milioni, ma senza editori si resta nel limbo degli aspiranti. E allora eccovi svelato l’incontro di questi due talenti, immortalato l’8 maggio alla fiera del libro di Torino. Quello con l’aria meno intellettuale (a sinistra, ça va sans dire)ovviamente sono io, la maglietta indica il numero di copie vendute dal mio romanzo, l’altro è Raffaele Calafiore, mente e cuore di Nonsoloparole Edizioni. A lui e solo a lui si deve la pubblicazione di “Bello dentro, fuori meno”. Pensate che prima di cominciare a fare l’editore aveva i capelli lunghi che gli cadevano davanti agli occhi e la coda di cavallo. Ah, l’arte…

Felicit

Oggi sono felice.
Non per ragioni sentimentali, chi legge questo blog sa che parlo pochissimo della mia vita privata. Neanche per ragioni professionali, anche se oggi con questa economia avere un lavoro di per sè dovrebbe essere motivo di gioia. Neanche per ragioni artistiche, non so ancora se l’editore pubblicherà il mio secondo romanzo, l’ho messo da parte e mi sto concentrando su un racconto, delle prime non sento più notizie (a proposito, se qualcuno l’ha letto mi faccia sapere, accetto anche insulti ma non posso rimborsarvi).
Sono felice per un motivo più banale della vita sentimentale, più sciocco per la vita professionale, più futile della vita artistica. Sono felice perché ieri il Taranto ha vinto 2-1 a Ragusa e si è salvato dall’ennesima retrocessione, siamo ancora aggrappati con le unghie al professionismo calcistico, in fondo alla C2, ma ci siamo.
E vi pare poco?

Mi piacerebbe…

Mi piacerebbe che gli americani ammettessero che la guerra è indispensabile a rimettere in moto il loro sistema economico basato sullo spreco.

Mi piacerebbe che chi ci ha governati negli anni ’70 ammettesse: temevamo che con i comunisti al potere saremmo stati invasi dall’Unione Sovietica, e abbiamo permesso e tollerato delle porcherie immonde spinti da questa paura.

Mi piacerebbe che Berlusconi ammettesse: ho cominciato a far politica perché temevo di finire in galera. Non ci sono portato, non mi piace, non mi riesce: torno a occuparmi dei mie affari, dello stato se ne occupi qualcun altro, tanto Tangentopoli è lontana e in galera non ci vado più.

Mi piacerebbe che Rutelli ammettesse…ehm…non pretendiamo troppo…mi piacerebbe che il su portaborse gli passasse il solito foglietto per i giornalisti con su scritto: io sono di destra, ma di là non mi vogliono, è per questo che sono finito nella Margherita.

Mi piacerebbe, certo, ma so che sono sogni irrealizzabili.
Volando decisamente più basso, mi piacerebbe che Maria De Filippi ammettesse nel suo programma: cari ragazzi, lo scopo di questa trasmissione è generare tradimenti.

C’è tanta gente sadica a casa che prova piacere a gustarsi un cornxto in diretta che scopre della sua condizione davanti a milioni di spettatori. Avete scelto voi di partecipare, il nostro pubblico è quello che è, se non vi sta bene tornatenevene a casa. Apprezzerei molto di più degli squallidi “sta nascendo una bella amicizia” “c’è un feeling profondo fra noi” “questa trasmissione serve a mettera alla prova il vostro amore per rinforzarlo”. Basta con queste falsità. Si comincia con queste menzogne ipocrite e benpensanti e si finisce nell’abituarsi alle stragi impunite.